Ago 18, 2025 | Battaglie | 0 commenti

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UN MASSACRO QUOTIDIANO: LA CRUDA REALTÀ DEI DATI SULLE MORTI SUL LAVORO NELL’ANNO 2025

I DATI CHE CHIUDONO IL SILENZIO

 

I dati che chiudono il silenzio non sono numeri anonimi: sono giorni spezzati, famiglie colpite, comunità ferite. Nei primi sei mesi del 2025 si è registrato un totale di 502 decessi sul lavoro, un incremento del 7% rispetto al 2024, ovvero 33 vittime in più. Dietro ogni cifra c’è una storia di perdita, di precarietà e di costante allarme per chi resta. La geografia della sofferenza è evidente: sette regioni in zona rossa, e la Lombardia al vertice con un’incidenza di mortalità superiore di circa il 25% rispetto alla media nazionale. Non si tratta di un’emergenza passeggera, ma di una vulnerabilità strutturale che chiede interventi immediati e strutturali.

 

 

LA MAPPA GEOGRAFICA E I SETTORI PIÙ A RISCHIO

 

Le tracce emergono dall’analisi dei dettagli: la fascia d’età più colpita è quella tra 55 e 64 anni, con 130 decessi. Si rischia cioè di perdere lavoratori esperti e prossimi al pensionamento, che vivono una doppia vulnerabilità tra esaurimento, ritardi nella tutela della sicurezza e un indebolimento delle misure di prevenzione. Il settore delle Costruzioni resta lo meno sicuro, seguito da Attività Manifatturiere e Trasporti e Magazzinaggio. Questa gerarchia riflette una realtà in cui cantieri, impianti industriali e logistica espongono a rischi concreti, spesso aggravati da standard di prevenzione inadeguati o dall’inosservanza delle norme. Non è solo una questione di settori: il lunedì registra il maggior numero di infortuni mortali, rappresentando circa un quarto del totale. Un dato che invita a ripensare non solo le procedure, ma anche lo stato psicofisico del lavoratore, i ritmi, le pause e la gestione degli orari.

 

 

IL PARADOSSO DEI LAVORATORI STRANIERI: RISCHIO DOPPIO

 

Il quadro per i lavoratori stranieri è particolarmente allarmante: il rischio di morire sul lavoro è più che raddoppiato rispetto agli italiani, con 29,8 decessi per milione di occupati contro 13,4. Questa differenza evidenzia una dinamica di svantaggio strutturale, legata a condizioni contrattuali meno protette, accesso limitato alle tutele, barriere linguistiche e difficoltà di accesso agli strumenti di sicurezza. Non è una questione di etnia o cittadinanza, ma di diritti fondamentali, di accesso alle risorse e di parità di protezione sul posto di lavoro.

 

 

CIVICRAZIA: DALLA DENUNCIA ALL’AZIONE CONCRETA

 

In questo contesto, Civicrazia si propone come baluardo per la tutela gratuita dei diritti dei lavoratori. Riafferma il principio costituzionale che l’Italia è una Repubblica “fondata sul lavoro” (Art. 1) offrendo consulenza e assistenza legale tramite lo Sportello Telematico e una rete di Antenne Civicratiche Territoriali. L’azione si muove su due fronti: aumentare la consapevolezza dei diritti e fornire assistenza pratica, soprattutto a pensionati, immigrati e fasce deboli. Si richiamano i diritti patrimoniali (retribuzione adeguata), personali (salute e integrità), sindacali e morali d’invenzione, fondati sugli articoli costituzionali chiave (art. 36, 37, 38). L’obiettivo è trasformare la sicurezza sul lavoro da costo o lusso a dovere inderogabile.

 

 

LA SINERGIA NECESSARIA: DATI E AZIONE

 

La sintesi è chiara: i morti sul lavoro non devono ripetersi se le norme vengono applicate correttamente e se la società civile partecipa attivamente. Civicrazia propone interventi concreti per colmare vuoti normativi, migliorare i controlli, informare e accompagnare chi è a rischio. La vita deve rimanere la priorità; l’impegno civico è indispensabile per onorare le 502 vittime e invertire la traiettoria degli incidenti. La sicurezza sul lavoro è un diritto, e la partecipazione di cittadini, sindacati e associazioni è la chiave per renderlo una realtà quotidiana.

Ernesto Marino.

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