Voucher o non Voucher: questo il problema
In una Italia, con le strutturali problematiche di crescita che vi sono, il voucher è stato salutato, dopo la fine delle agevolazioni statali sulle assunzioni con contratti a tutela crescente a tempo indeterminato (..diciamo così), come la nuova leva per le nuove assunzioni. Tutto ciò a scapito dei lavoratori che di fatto svolgevano lavori comuni in modo precario.
La sorpresa è venuta anche dai fruitori datoriali di tali strumenti.
Anche da ultimo il Ministro Poletti, forse a causa del referendum che incombe, ha aperto al cambiamento sostenendo che il voucher non deve essere reso strumento speculativo e di precarietà del lavoratore ma deve essere limitato. Dunque -riferisce il Ministro- è il caso di applicarlo per le esigenze delle sole famiglie, mentre le aziende hanno i contratti di lavoro. Il Parlamento e il Governo stanno studiando la questione, ma le idee non sono unitarie.
Il fatto è che la gravità di un simile strumento lavorativo sta tutta nelle conseguenze che da esso provengono.
La precarietà comporterà la mancanza di certezze e poi un reddito modestissimo per il lavoratore e la mancanza di una sua certa e dignitosa contribuzione (e in un sistema contributivo come il nostro la cosa è grave).
Siamo in attesa di una seria e efficace proposta per limitare questo strumento, sperando però che una volta che si sarà arginato questo pericolo (e lo si farà sussistendo anche la spinta referendaria) altri istituti non vengano distorti al fine di limitare più che mai i diritti dei lavoratori.
Una curiosità: si è appreso che nelle ispezioni effettuate dal Ministero, Inps e Inail tra le aziende nel 2016 si sono riscontrate numerose irregolarità.
Il percorso non appare semplice.
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