La petizione per il riconoscimento delle malattie ambientali è oramai all’esame delle Commissioni del Parlamento.
E’ urgente.
Leggiamo insieme questa testimonianza di una malata ambientale:
“Ho superato il periodo in cui mi sentivo vittima e puntavo il dito contro tutto e tutti, facendo un percorso di consapevolezza.
Bisogna trovare la forza in se stessi, anche se c’è davvero da andare fuori di testa, soprattutto quando a diagnosticare è una struttura pubblica che, non riconoscendo la malattia, ti dice semplicemente che sei fuori di testa.
Invece la mia testa funziona.
Chi soffre di malattie ambientali mal tollera le alte temperature, l’eccessiva umidità, e anche un grado fa la differenza.
È insofferente anche all’odore di un cibo, anche se lo stesso può mangiarlo, o al profumo naturale di un fiore.
Per non parlare di tutto ciò che è sintetico, edulcorato, aromatizzato, confezionato.
Pub med, piattaforma scientifica sanitaria, è piena di studi sul funzionamento dell’asse intestino-cervello. Abbiamo un microbiota presente in ogni organo e in ogni apparato.
Quando si perde l’equilibrio, questo popolo di esserini prende il sopravvento e regna l’anarchia.
Queste microscopiche e invisibili colonie, che ci piaccia o no, hanno la cabina di controllo sulla nostra salute.
Il nostro equilibrio psicofisico dipende da loro e da come li trattiamo.
Inoltre l’esistenza, la prevalenza o l’insufficienza di batteri, virus, miceti sono capaci di inibire o accelerare la ricaptazione di neurotrasmettitori.
Alla base c’è sempre e comunque infiammazione. Le cellule tutte, prima di degenerare si ossidano, cioè si infiammano.
Insomma non sono fuori di testa e la mia malattia deve essere riconosciuta”.
Grata per l’intensità di questa testimonianza,
auspico un’attenta lettura dei parlamentari, procedendo al riconoscimento secondo la petizione.
Sofia Maglione
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