Ago 11, 2018 | Notizie | 0 commenti

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Un viaggio lungo 40 anni… (parte terza)

E’ il 18 febbraio 2000, ed irrompe nel panoramo normativo il D.L n° 56.

Il decreto, più comunemente noto come quello del “federalismo fiscale in sanità”, introdusse una modifica strutturale e culturale di cofinanziamento dei SSR, di rilevante portata e conseguenze operative, i cui effetti negativi nelle regioni del sud scontiamo quotidianamente.

Piu precisamente, la riforma prevedeva  un aumento di autonomia nel finanziamento della sanità assieme a un sistema di perequazione necessario per garantire il livello essenziale dei servizi.

In particolare, nella speranza del legislatore , l’Irap ed una distribuzione delle risorse legata alla capacità impositiva e al fabbisogno sanitario avrebbe dovuto portare maggiore responsabilizzazione finanziaria da parte dei Governatori Regionali, e quindi una tenuta della spesa migliore rispetto agli anni precedenti.

Tuttavia, tra il 2000 ed il 2012 la spesa sanitaria esplose, arrivando ad un aumento delle uscite correnti del 63%, con un valore pari a 42 miliardi di euro.

La responsabilizzazione ed il cambio di passo e paradigma della cultura di riferimento fino ad allora esercitata nella gestione del bene pubblico, forse era un po’ utopistico pensarlo realizzabile semplicemente ricorrendo ad una rimodulazione della modalità con cui ci sarebbe stato il finanziamento dei SSR da Parte dello Stato centrale.

Sta di fatto che grandi regioni come Campania, Puglia, Lazio e Sicilia ( comunque dotata di una più grande autonomia dovuta all’essere regione a statuto speciale) hanno costantemente dovuto essere “commissariate” dallo stato centarle per lo sformanto della spesa.

E’ evidente che stare al passo con i bisogni dei cittadini, profondamente cambiati negli anni, per caratteristiche demografiche, modificazioni ambientali e paradossalmente, per molti successi raggiunti dalla ricerca in campo medico, non poteva essere realizzabile da chi, sottoposto ai piani dirientro, ha dovuto centellinare sia la spesa corernte che gli investimenti in tecnologia.

Era altrettanto vero che, in periodo di “vacche grasse”, buona parte della programmazione sanitaria seguiva logiche di acquisizione del consenso elettorale, piuttosto che di implementazione di buona e vera politica spesa nell’interesse concreto dei cittadini e della comunità, e che in qualche modo bisognava iniziare ad arginare un modello culturale e comportamentale inefficiente ed inefficace.

Come spesso accade nel nostro paese, si fanno scommesse sul futuro molto azzardate sperando sempre in una buona stella…

Così ci siamo ritrovati, in una estremamente drastica attuazione della norma, a dover sommare gli effetti nefasti dei piani di rientro e riprogrammazione delle reti ospedaliere, alla norma nazionale del blocco del turn-over nella  Pubblica Amministrazione.

Risultato finale in una regione come la Campania, è che nel comparto Sanitario mancano almeno 20.000 risorse umane, giovani competenti e fortemente motivate 

E’ molto difficile in queste condizioni pensare di poter risolevere i problemi dei cittadini e garantire loro servizi in quantità e qualità, così come garantite ad altri uguali cittadini residenti in regioni più virtuose, ed al contempo i Diritti Costituzionali.

Folle pensare di farlo da soli….

Folle ancor di più pensare di riuscire nell’impresa epica di “progettare, costruire ed operare” un modello nuovo di garanzia del diritto alla Buona Salute, escludendo di fatto dalla piena e consapevole conoscenza di dirirtti, doveri e modelli organizzativi di riferimento…i cittadini…che sono al tempo setsso i “clients ed i payers” del Servizio Sanitario.

Chi può operare questo grande progetto di riconquista della “libertà individuale” attraverso l’accesso a diversi livelli di conoscenza???

io ho pochi dubbi….per questo reclamo e partecipo….

I CITTADINI VOGLIONO SUBITO IL DIFENSORE CIVICO NAZIONALE

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