Con il drammatico evento del coronavirus, in questi ultimi mesi, dai mezzi di comunicazione siamo stati continuamente bombardati da notizie di tutti i tipi.
Partiti dal semplice evento che descriveva l’effetto del virus nell’essere umano come una normale influenza, solo un po’ più aggressiva, con il trascorrere dei giorni e tra notizie discordanti siamo arrivati a sapere di una realtà sconosciuta o, per altri, generata dall’essere umano nelle sue sperimentazioni di laboratorio sostenute chi sa da chi e per quale motivo.
Paure, timori e morti hanno costellato in questi giorni la nostra esistenza e per fermare la veloce avanzata del virus, i governanti dei vari stati del mondo, con tempi diversi, hanno deciso di fermare quasi tutte le attività per evitare il contatto umano e con esso il diffondersi del contagio.
Reclusi nelle singole abitazioni la radio e il “grande fratello”, la Tv, hanno scandito il passare del tempo aggiornandoci di ciò che succedeva nel mondo.
Ecco, però, che alla sciagura, un altro dato sconfortante ci ha assalito ed è quello generato dai diversi pareri scientifici al caso coronavirus enunciati dagli specialisti di turno nei vari canali comunicativi: a chi credere?
Possibile mai che gli esperti del settore, gli scienziati, al tragico avvenimento anziché unire le forze nel “villaggio globale” contro il nemico comune, il coronavirus, si sono preoccupati di primeggiare nei canali televisivi o sulla carta stampata affermando e diffondendo, in modo diverso: tesi, opinioni e soluzioni al problema?
Nessuno ha pensato minimamente che la variegata informazione crea nell’utente disinformazione e un altro smarrimento, sconcerto e paura, perché non si sa più a chi dare ascolto!
A ciò, il pensiero nasce spontaneo: l’obiettivo del messaggio è informare o fare audience?
La politica che governa la nostra vita, nel merito, cosa fa?
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