Essere troppo “sensibile”, sentire “troppo” può essere una condanna o un dono.
E’ così per la psiche, è così per il corpo.
La parola “crisi” scritta in cinese è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l’altro rappresenta l’opportunità.
Sentire tutto di più (rumori, odori, tatto, emozioni, sostanze tossiche) è un pericolo ma può essere l’opportunità, per un individuo, di innalzare il proprio livello di consapevolezza, e può fungere da campanello d’allarme per la cura dell’ambiente.
Le più antiche filosofie recitano: siamo un tutt’uno con l’universo e la scienza lo conferma.
Sensibile a tutto, il corpo risponde “prima” a ciò che, in dosi maggiori, danneggia ciascuno. Sentinelle, i malati ambientali sono efficaci allarmi per tutti.
Abbassiamo, allora, le soglie di tolleranza alle sostanze tossiche, misurando la tolleranza su soggetti più sensibili, affinché il tempo e la permanenza delle sostanze tossiche non determinino, via via, un “avvelenamento” di massa.
Da più parti giunge il monito della necessità di un cambiamento e, mentre l’ecosostenibilità diventa slogan di pubblicità contraddittorie, la produzione industriale permane in modalità ormai non più sostenibili.
Difendiamo con tutte le nostre forze l’ambiente. Senza vita ambientale non c’è più vita umana.
Quanti allarmi giungono dal mondo naturale, da quello culturale e dalla crescita esponenziale delle allergie e delle intolleranze nella popolazione?
Il filo rosso che collega una persona “sensibile” al futuro è la necessità del ripristino di un equilibrio tra l’uomo e l’ambiente.
Chiunque voglia guardare al futuro in maniera progettuale ha il dovere di tenere in considerazione questa urgenza.
La responsabilità politica del riconoscimento delle malattie ambientali è così anche il riconoscimento del diritto alla salute di ciascun individuo e, al contempo, un nuovo disegno di tutela dell’ambiente per tutti.
Sofia Maglione
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