Gen 21, 2019 | Notizie | 0 commenti

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RESISTENZA AL CAMBIAMENTO: UNA MODA DANNOSA…

L’articolo del Fatto Quotidiano va letto per intero


(https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/01/16/cure-palliative-a-domicilio-poco-personale-e-molti-ostacoli-per-i-malati-fragili-e-tra-nord-e-sud-resta-il-divario/4890995/?fbclid=IwAR39XMRxUKLI2nqrhzQVKLCppJR9pP_b1mGrDlBdl4J-cCvBjAzF-RbeZZk)


Tratta di una delle tante occasioni perse nel nostro Paese per essere rispondenti in maniera compiuta ai bisogni dei cittadini.

Si parla delle Cure Palliative e di quello che a circa dieci anni dall’approvazione del D.L 38 del 2010, realmente si fa nel quotidiano, lungo tutto lo stivale.

Il quadro generale è sconfortante, nonostante la Legge 38 avesse portato una dote consistente di milioni di euro, che ogni anno vengono distribuite alle Regioni per consentirne l’attuazione.

Le criticità principali sono sempre della stessa natura quando parliamo di welfare e determinano l’affermazione di numerose discrimanzioni tra i cittadini, in base soltanto alla residenza.

Le regioni del Sud, sono mediamente molto piu indietro di quelle del centro-nord per la capacità di declinare ai diversi livelli assistenziali, tutti i paradigmi culturali e clinico-assistenziali, che la Legge propone.

In particolare non sono adeguati i numero di posti letto in Hospice su base di popolazione e le reti di assistenza domiciliare, che dovrebbero essere frutto di una “santa alleanza” tra i team di professionisti che operano negli Hospice e le risorse umane presenti negli organici delle asl in ambito distretti territoriali.

Cioè non c’è nè integrazione tra competenze diverse, nè spirito cooperativo.

Si racconta, nell’articolo, ed ahimè è solo la punta di un iceberg, che per pochi spiccioli di indennità di servizio alcuni medici non favorirebbero l’affidamento dei pazienti con bisogni più complessi da una forma assistenziale semplice ad una più articolata.

Si lamenta che ci sia un probema culturale, di disconoscimento diffuso, specie tra i cittadini dell’esistenza del nuovo modello assistenziale, ed in generale di “cancellazione” del tema “morte” dalla nostra società.

Per quanto condivisibile tutto ciò, sorprende il fatto che molti di quegli stessi medici che si lamentano del doversi confrontare con pazienti malamente acculturatisi intorno alla propria malattia alle “web-university”, etichettino i cittadini come portatori attivi di un cultura arcaica e retrograda.

Bisogna allora mettersi d’accordo: non può esistere una sorta di “jus primae noctis” quando il medico sceglie autonomamente i farmaci, generalmente molto costosi e ultramoderni, per curare l’organo, ed invece nel passaggio ad una forma “olistica” di  assistenza medica, pretendere che sia il paziente ad imporre il suo credo su quello del saniatario.

O dobbiamo pensare che la medicina e la sanità siano ancora dei ^santuari inespugnabili” ove il mantenimento di privilegi di pochi impedisce il miglioramento della quallità vita delle persone????

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