Apr 1, 2018 | Notizie | 0 commenti

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POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO, UNA SFIDA PER MINISTRI INCOMPETENTI

Il 27 marzo, l’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) ha reso noto il Decreto Ministeriale n. 4/2018 recante le linee di indirizzo triennali dell’azione in materia di politiche attive. L’atto amministrativo mira ad implementare i servizi per il lavoro, così come previsto dal D.Lgs. 150/2015. Tra gli obiettivi posti per il triennio si possono evidenziare: l’implementazione del sistema informativo unitario; il potenziamento del sistema delle politiche attive del lavoro, con particolare riguardo ai centri per l’impiego; il coordinamento dei programmi nazionali e regionali; lo sviluppo della cooperazione con gli altri enti pubblici che si occupano di lavoro; il potenziamento degli strumenti per l’erogazione dei servizi agli utenti, volti a semplificare le procedure amministrative; lo sviluppo della cooperazione applicativa tra i diversi sistemi informativi sull’accreditamento ai servizi per il lavoro; l’erogazione delle misure di politica attiva, volte a ridurre la durata media di disoccupazione; il potenziamento degli sportelli informativi; l’elaborazione degli standard informativi; il rafforzamento degli strumenti finalizzati all’incremento dell’occupazione giovanile.

Quanto agli obiettivi annuali, il decreto si concentra in particolare su: l’erogazione dell’assegno di ricollocazione; la definizione dei termini e delle modalità attuative in relazione all’applicazione del principio di sussidiarietà; lo sviluppo di metodologie sui sistemi di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro; lo sviluppo della metodologia sulla profilazione qualitativa volta ad individuare percorsi mirati di inserimento e reinserimento nel mercato del lavoro; l’attuazione di un sistema di rilevazione dei fabbisogni di competenze, finalizzati a sostenere l’inserimento o il reinserimento al lavoro dei disoccupati; l’avvio di una strategia per contrastare la disoccupazione di lunga durata, in attuazione della Raccomandata del Consiglio dell’Unione europea del 15 febbraio 2016.

Il problema di questo decreto e delle politiche del lavoro in generale rimane in ogni caso sempre quello: la mancanza del lavoro e l’incapacità degli Uffici per l’Impiego di creare sinergia con le aziende produttrici. Nell’allegato B del decreto sono specificati i livelli essenziali delle prestazioni da erogare su tutto il territorio nazionale rivolte alla persona in cerca di occupazione. Oltre sedici livelli essenziali di prestazione che faranno assomigliare sempre più il Centro per l’Impiego a una agenzia di selezione del personale, senza averne però né le competenze, né le coperture economiche, evidenziando come l’attuale dibattito politico sulle riforme in campo occupazionale sia molto distante dalla realtà fattuale. I fattori di reintegrazione occupazionale (che si coniugano in livelli prestazionali negli uffici pubblici) dovrebbero essere il prodotto di strategie governative ben precise, slegate dalla contingenza e invece, le istituzioni governative del nostro paese hanno sempre dato prova di assoluto disinteresse, elaborando, in termini disorganici, progetti di riforma del tutto incongruenti con i bisogni dei lavoratori e delle imprese. Inoltre, la persistenza dei soggetti in condizioni occupazionali discontinue pregiudica l’acquisizione di competenze formalizzate a causa della continua oscillazione di questi soggetti in posizioni lavorative che afferiscono a settori merceologici e/o a mansioni difformi.

Quello che ancora non si comprende è che l’attuale universo lavorativo richiederebbe, all’interno delle aree economiche a capitalismo avanzato, un complessivo ripensamento dell’intero sistema produttivo e formativo, anziché continuare a modificare l’organizzazione degli Uffici per l’Impiego, sempre più a corto di proposte di lavoro da offrire, ma sicuramente con psicologi pronti ad ascoltare i drammi di migliaia di disoccupati.

 

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