L’Italia il paese dalle risorse male investite
I ricercatori italiani, stando ai più recenti sondaggi in materia, sarebbero pochi e malpagati ma, sempre, estremamente partecipi e produttivi. Nel 2015 la loro percentuale, ogni mille occupati in Italia, secondo l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), era pari al 4,73%, contro una media europea del 7,4%. Sarebbero, però, all’ottavo posto nel mondo per numero di pubblicazioni scientifiche su riviste d’eccellenza, davanti a Paesi che investono molto più del nostro. La quota di pubblicazioni scientifiche italiane si attesta, dal 2011 al 2014, intorno al 3,5% del totale mondiale, con una crescita del 4% annuo della produzione scientifica nazionale. L’Italia, però, investe in ricerca, appena l’1,3% del Pil, contro la media Ue del 2%, il 2,8% degli Usa, il 2,9% della Germania e il 4,3% di Israele, che risulta in cima a questa classifica. Siamo, dunque, ben lontani dall’obiettivo del 3% delineato dal Trattato di Lisbona per il 2020. Questi sono solo alcuni dei dati emersi in un incontro organizzato presso il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) dalla Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca e dalla Crui, la conferenza dei rettori delle università italiane, che aveva come titolo “La ricerca pubblica italiana: risultati, obiettivi e risorse”. Un paese che non investe adeguatamente nei suoi cervelli ne conoscerà progressivamente la fuga. Si impoverirà e perderà le sue risorse. E’ uno scempio vedere tanto danaro inutilmente dissipato nella politica ed i suoi onerosi costi. Unione Civicratica non starà a guardare.
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