Gen 31, 2018 | Notizie | 0 commenti

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L’AUTOMAZIONE CI PORTERÀ VIA IL LAVORO? DAVOS E LA NON RISPOSTA


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Dal 23 al 26 gennaio si è tenuto a Davos l’annuale riunione del World Economic Forum. Il tema di questo anno, su cui si è imperniata l’intera riflessione di capi di Stato, economisti ed imprenditori, oltre alle tante celebrità del mondo dello spettacolo, è stato: “Come creare un futuro condiviso in un mondo fratturato”.

L’1% della popolazione mondiale, dunque, si è riunito per riconoscere a se stesso il proprio status di dominus rispetto al restante 99%. Ma più gli anni passano e più questi “eletti dalla grazia divina”, secondo il pensiero dominante (ma storpiato) di Max Weber, si ritrovano per prendere coscienza che senza il resto del mondo loro sarebbero ben poca cosa. Per dirlo con le parole di Christine Lagarde, alla guida del Fondo monetario internazionale, “La ricchezza mal distribuita può danneggiare anche noi!”

L’argomento principale però, al centro di questa ultima edizione e al centro della maggior parte degli svariati incontri (oltre 400 i panel in programma), è stato quello sull’Intelligenza Artificiale e la sua influenza sul futuro del mondo e della società umana.

Un allarme unanime si è alzato quando si è considerato il doloroso impatto che l’automazione avrà nel mondo del lavoro: quali effetti avrà la trasformazione digitale nei prossimi anni? “Abbiamo bisogno di cambiare il modo in cui pianifichiamo, abbiamo bisogno di coinvolgere i lavoratori e tutti gli attori in campo”, è stata la superficiale risposta comune.

Coinvolgere i lavoratori non è mai stata la prima preoccupazione dei ricchi della terra e queste vuote parole non risolveranno certamente il problema. Magari, farne l’oggetto di una boutade, come la proposta di Bill Gates di tassare i lavoratori del futuro, i robot, sì.

Eppure, da tempo, studiosi come il professore di economia di Cambridge, David Autor, stanno osservando e tentando una soluzione all’imminente invasione di macchine intelligenti nel mercato delle attività produttive. E la sua risposta non è allarmistica: nella storia dell’uomo, tanti sono stati i momenti di rivoluzione industriale in cui si pensava sarebbero andati persi milioni di posti di lavoro; in verità, il lavoro non è mai mancato, anzi la sua richiesta è costantemente aumentata. L’unica accortezza che oggi appare più urgente, vista la velocità del cambiamento a cui andiamo incontro, è quella di farci trovare pronti. Forse non ci serviranno più operai, o ragionieri, o avvocati, o medici, ma sicuramente nuove professionalità diverranno indispensabili e magari, quelle figure che oggi sono quasi del tutto scomparse, quali pensatori, antropologi, musicisti, letterati, potranno tornare a riaffermare il proprio inestimabile valore.

Dunque, oggi come allora, vale la massima: estote parati !

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