Un tempo, allegramente, lo si chiamava “turismo sanitario”…oggi più tecnicisticamente “mobilità sanitaria passiva”.
Di cosa si tratta???
Di un diritto Costituzionale, riconfermato nella legge di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale
Il diritto di ogni cittadino a curarsi, in regime di totale o parziale gratuità, dovunque voglia sul territorio nazionale.
Quello che in maniera astratta, e quando siamo perfettamente sani, può sembrarci semplicemente un principio di libertà, è diventato negli anni un indice preciso per capire quanto sia efficiente e di qualità la Sanità regionale.
Dal Report Osservatorio della Fondazione Gimbe:
La mobilità sanitaria interregionale nel 2017
Che invito a leggere
Possiamo verificare quanto sia diventato oneroso per molte regioni del sud, questo fenomeno, legato evidentemente non solo ad un bisogno effettivo di cure di medio-alta complessità, ma anche ad una condizione di bassissima fiducia dei cittadini verso gli operatori sanitari e le organizzazioni sanitarie, presenti nelle regioni in cui questi cittadini risiedono.
E’ altrettanto evidente che siamo di fronte al classico “cane che si morde la coda”.
Le regioni del Sud, generalmente in Piano di Rientro per i debiti pregressi in Sanità, da una parte devono destinare importanti risorse per consentire ai propri concittadini di curarsi fuori regione, e dall’altra non possono programmare innovazione tecnologica e formativa per implementare quelle strutture d’eccellenza che evidentemente non hanno, e che coprirebbero appunto le aree di carenza sanitaria.
In parole estremamente semplici e chiare, chi oggi è portatore di povertà dentro la sua organizzazione sanitaria regionale, continuerà ad impoverirsi, pagando un Nord più ricco ed al passo con tempi e bisogni moderni.
La cosa non dovrebbe stupirci e sorprenderci.
Da molti anni ci siamo abituati a pensare e considerare l’Assistenza Sanitaria alla stregua di una qualsiasi “merce voluttuaria”, ed analogamente i soggetti erogatori delle prestazioni sanitarie, delle aziende che hanno come mission, produrre un manufatto, venderlo e chiudere i propri bilanci ogni anno in attivo ed i crescita perenne.
Nel modello Sanitario Pubblico, non può funzionare così.
Ogni anno viene deciso in DEF, a quanto ammonterà il Fondo Sanitario Nazionale, che viene poi, attraverso complessi algoritmi, ridistribuito alle Regioni.
Con questo tesoretto, ogni Regione e Provincia Autonoma, deve far fronte alle necessità prestazionali sanitarie di tutti i cittadini iscritti alle singole ASL e dove possibile adeguare i propri servizi ai naturalmente mutevoli, bisogni sanitari della comunità.
In questo modello di distribuzione delle risorse, se non interviene dall’esterno un “Mecenate” che remunera ulteriormente le regioni povere, la distanza tra chi è in attivo nel bilancio della mobilità sanitaria e chi è in passiva, continuerà a crescere.
Noi non chiediamo un nuovo “mecenate”, consapevoli che molto di questo “gap” è stato legato ad una gestione della “Res Publicae” asservita ad interessi personalistici di “piccoli uomini”.
Noi chiediamo che ogni cittadino sia partner attivo di ogni processo di cambiamento.
I CITTADINI VOGLIONO SUBITO IL DIFENSORE CIVICO NAZIONALE
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