Set 27, 2018 | Notizie | 0 commenti

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LA GRANDE OPPORTUNITÀ DELLE MACROREGIONI TRA CONFINI NAZIONALI E GRANDI SFIDE TERRITORIALI

Negli anni ’70 del secolo scorso una bella canzone  recitava: “Se la natura avesse frontiere sarebbe come un portone chiuso, sarebbe un’aquila senza ali o una foresta senza sentiero. Sarebbe un campo che non ha grano, un fiume che non arriva al mare”. Poi continua riflettendo sull’essere umano: “Se il nostro cuore avesse frontiere sarebbe un canto senza note, sarebbe un fuoco senza fiamma, sarebbe un cielo senza stelle. Sarebbe inverno senza estate o morte senza risurrezione”. E concludeva così: “E se la terra non avesse frontiere sarebbe un grande giardino in fiore. sarebbe come un arcobaleno, la vera perla della creazione. Sarebbe bella come una madre, sarebbe immensa come l’amore. La nostra Terra senza frontiere è una speranza che sarà realtà quando ogni uomo si sentirà figlio di una sola umanità”.
E poi venne la globalizzazione. E fu come una tempesta che spazzò via tutto, confini, culture, tradizioni, esseri umani. Rimase solo la ricca finanza globale e tanta povertà tutto intorno.
La risposta organica a questo fenomeno disgregativo è stata piuttosto disomogenea ed ha portato al risorgere di nazionalismi. Talora pericolosi, ma d’altro canto anche forieri di una volontà umana di riconoscersi nelle proprie diversità, nell’orgogliosa appartenenza a tradizioni differenti che, sotto la spinta forzata del mercato globale, rischiavano di rimanere schiacciate o, ancora peggio, di scomparire del tutto.
L’Unione Europea, nei primi anni del secondo millennio, sembra (e questo “sembra” denota tutta l’incertezza di un’istituzione principalmente fondata su un’unità economica e finanziaria) accorgersi dei fenomeni che stanno interessando i singoli stati europei e cerca di correre ai ripari, pensando all’istituzione di “Macroregioni”, enti sovranazionali che hanno come punto di unione un’area geografica e quindi problemi simili da risolvere, ma anche diversità e somiglianze etniche da condividere.
In realtà, ancora nel 2010, Johannes Hahn, Commissario europeo per le Politiche Regionali, spiega: “Credo che questo strumento di cooperazione territoriale abbia un ruolo rilevante nell’attuazione della strategia Europa 2020, che ha come obiettivo primario la crescita e la promozione della competitività e della sostenibilità nelle regioni dell’Ue”. “Competitività” e “sostenibilità” non possono essere presi come metro di misura per la vita dei popoli, ma solo per la gestione di un’azienda e quindi molta confusione ancora regna in Europa.
Comunque, l’idea delle Macroregioni che nasce con confini molto fluidi e con l’intento di agevolare e promuovere la collaborazione e la coordinazione delle azioni su diversi livelli di governo valorizzando il senso di appartenenza che si è diluito dal dopoguerra ad oggi anche a causa della globalizzazione, non è rimasta solo sulla carta, ma si sono già sviluppate le azioni di quella del Danubio, quella del Mar Baltico, quella Adriatico-Jonica e quella Alpina. Le Macroregioni possono essere composte da  più territori collocati in diversi Paesi e hanno il compito di affrontare problemi comuni: salute, politica dei trasporti, energia, economia interna, turismo e politiche occupazionali, sociali e culturali. Ora sta per entrare in azione, come quinta Macroregione europea in ordine cronologici, la Macroregione Mediterranea.
Gli obiettivi che legano l’istituzione delle Macroregioni si potrebbero riassumere nella parola “coesione”: lo sviluppo integrale dei popoli europei attraverso una migliore coesione economica, sociale e territoriale. Ed è ancora il Commissario europeo per le Politiche Regionali ha descriverne i capisaldi: “Il principio comune dovrebbe essere quello di aggiungere valore alle attività esistenti. Un approccio integrato con il coordinamento delle azioni in tutti i settori politici otterrà risultati migliori rispetto alle singole iniziative e, laddove gruppi di paesi e regioni scelgono di unirsi per raggiungere obiettivi comuni, ciò rafforzerà anche la coesione dell’UE”.
Si parla ancora molto poco di popolo, ma si spera che con il tempo si perfezioni – a favore di quest’ultimo e più importante elemento organico europeo – la strategia globale di azione e possa così venir meno la burocrazia e l’elitismo esasperato collegato alle lobby delle multinazionali. Un obiettivo non più utopico, che verrà messo alla prova con la nascita e lo sviluppo delle nuove macroregioni europee.

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