È corretto e forse anche facile, oggi, essere solidali con l’idea di memoria intesa come non dimenticare gli abusi passati sui più fragili del pianeta. È meno facile, certamente, fare in modo che i soprusi di oggi siano denunciati, pubblicizzati e che siano oggetto di interesse per Media, Storici, Sociologi, programmi di Governo.
Per non dimenticare, quindi, che i più fragili del pianeta sono perseguitati anche oggi.
<<Personalmente ritengo che non sia più storicamente il tempo di Auschwitz. Ma di Lager sento parlare tutti i giorni, quando incontro ragazzi che vengono da un’esperienza in fatiscenti strutture comunitarie, chiuse solo a seguito di anni di denunce e inchieste.
Ed è inutile che solleciti alla memoria, in questa sede, i trattamenti da Gestapo, già ampiamente argomentati rispetto agli incontri protetti, a trattamenti riservati a nonni penalizzati e a genitori allontanati.
E non vorrò che tra trent’anni uno dei ragazzi o dei bambini sopravvissuti ad una diagnosi sbagliata o ad un intervento autoritativo ingiustificato sia in TV a raccontare “io c’ero” e a testimoniare il dolore.
Dobbiamo essere coraggiosi fin a ora e poter fare e dire – qualunque sia il ruolo da noi rivestito – “io ci sono”: a denunciare, a intervenire, a testimoniare, a risolvere, a difendere, a progettare.
“Bambini allo sbaraglio”; soprattutto “Bambini bersaglio”.
Ma le nostre spalle di adulti consapevoli possono fare in modo che le pallottole sparate non li colpiscano e cadano nel vuoto dell’ignoranza da cui provengono.>>
– così il Presidente INPEF Vincenza Palmieri, commentando la propria presenza al Convegno del 27 gennaio.
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