Lug 24, 2018 | Notizie | 0 commenti

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IL DIFENSORE CIVICO E IL DIRITTO DI CONOSCERE GLI ATTI AMMINISTRATIVI

Ogni giorno a livello governativo, come a livello regionale e comunale, si stipulano contratti con aziende private o semi pubbliche che si impegnano a gestire molti servizi per il cittadino. Ma di questi atti, del loro contenuto e delle condizioni che hanno consentito la loro estensione, non è quasi mai possibile sapere.

La Pubblica Amministrazione si carica così di buchi neri in cui cadono, scompaiono e si dimenticano questa ormai infinita quantità di decisioni, le quali però, una volta decaduti i redattori materiali, rimangono pur sempre valide ed operative, portando con sé una lunga scia di azioni non sempre effettivamente utili o a beneficio del cittadino.

La nuova legge sul diritto di accesso agli atti amministrativi (FOIA) aveva destato molte speranze di rendere il nostro paese più trasparente grazie alla possibilità dei cittadini di controllare l’operato di funzionari, ministeri, regioni, enti territoriali, con delle semplici richieste di spiegazioni. Si è trattato di un tentativo essenziale, quello di ottenere accesso e ricevere copia di tutti i documenti, i dati e le informazioni detenuti dalle Pubbliche Amministrazioni, perché i cittadini potessero pienamente prendere parte al processo di formazione dell’opinione pubblica e parteciparvi monitorando come vengono gestite dalla burocrazia aree sensibili del funzionamento dello Stato quali la sanità, la giustizia, la scuola, i rifiuti, le spese e gli appalti.

Gli amministratori pubblici spesso e volentieri non rispondono o non motivano il rifiuto alla richiesta di conoscere alcuni dati o addirittura usano eccezioni non previste dal decreto istitutivo. Inoltre, la scarsa conoscenza del nuovo istituto di accesso agli atti da parte degli stessi addetti amministrativi, fa pensare ad una cattiva fede da parte dei responsabili pubblici. E in un paese come l’Italia, dove cattiva gestione e corruzione vanno a braccetto anche con la scarsa trasparenza amministrativa, “a pensar male del prossimo si fa peccato, ma spesso si indovina”, come diceva Pio XI.

La vita pubblica amministrativa è ancora poco trasparente ed anzi, nel pubblico confronto, si va sempre più instaurando un meccanismo per cui la verità diventa qualcosa di liquido, che può variare a seconda delle interpretazioni e degli intendimenti, che non poggia più su azioni concrete, ma su valori che si modificano a seconda delle persone che ne parlano o che ne dispongono.

Le risposte della Pubblica Amministrazione rimangono ambigue, anzi si trasformano in slogan propagandistici e dunque in caos, lasciando il cittadino indifeso, confuso e sempre meno esigente.

La figura del Difensore Civico nasce dunque anche per rivitalizzare la coscienza cittadina venuta meno nel momento in cui la Pubblica Amministrazione ha deciso di allontanarsi dalle comunità sociale che è chiamata a governare. Il problema della trasparenza degli atti pubblici è un problema annoso, una questione che l’Italia sembra non voler risolvere, per non scoperchiare anni di collusioni e di truffe al danno della comunità italiana.

Ora che è stato eletto il Difensore Civico della Campania, una nuova speranza prende vita: che non vi siano più segreti, che mai più un atto pubblico debba essere secretato e che finalmente non sorgano più ostacoli da parte degli amministratori locali a voler rendere noti i propri atti e contratti. E il bene comune conoscerà un nuovo Rinascimento dove la trasparenza diverrà vera conoscenza.

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