Nov 24, 2018 | Notizie | 0 commenti

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Il caos degli ATO e perché ai politici sta bene così

Sui giornali nazionali e locali, quotidianamente si leggono notizie riguardanti il sequestro di discariche, la confisca di mezzi per il trasporto illecito di rifiuti, la messa sotto accusa di amministratori e dirigenti di società di gestione e di politici ed altri responsabili della pubblica amministrazione.

Notizie che portano i cittadini a chiedersi, già vessati da continui aumenti della tassazione relativa alla gestione dell’intera filiera dello smaltimento dei rifiuti, chi ci sia dietro tutto ciò. Ossia, chi siano gli enti effettivamente responsabili della gestione dei rifiuti: i Comuni, le Province, le Regioni, o chi?

A tale proposito, nelle pagine di cronaca dei quotidiani, a un lettore attento potrebbe saltare all’occhio una sigla, sconosciuta ai più, ma molto preziosa per le amministrazioni pubbliche: ATO.

Cosa si nasconde dietro questo acronimo?

ATO sta per Ambito Territoriale Ottimale. Un organismo di carattere istituzionale di cui si comincia a parlare già all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso, quando la pubblica amministrazione si rende conto di come la dimensione dell’ente territoriale non necessariamente coincida con un’organizzazione ottimale dei servizi e quindi propone il ricorso a forme più o meno costituite di aggregazione tra Enti locali per la gestione associata. Sarà con la legge Galli, nel 1994, che l’Ato diviene il pilastro dell’organizzazione del servizio idrico integrato. Ma è solo dal 1997 che l’Ato viene introdotto come formula del coordinamento organizzativo tra Enti locali anche per la gestione del servizio dei rifiuti urbani.

La gestione degli Ato, nel corso degli anni, ha però generato un alto grado di conflittualità tra Enti locali nonché elevati oneri di funzionamento. Viene, così avviato nel 2007 un tormentato processo di ridefinizione degli ambiti volto, da un lato, a ridurne il numero, dall’altro a dirigerne il dimensionamento su base provinciale, fino a giungere nel 2009 alla completa soppressione delle Autorità d’ambito. Proprio così, la soppressione degli Ato è del 2009, ma a tutt’oggi sembrerebbe che le Regioni non siano ancora in grado di trovare dei nuovi soggetti giuridici cui affidare la gestione dei servizi, viste le continue proroghe.

Ne consegue un periodo di grande incertezza e una situazione di grande frammentazione, in cui i singoli enti amministrativi vorrebbero continuare ad avere la leadership politica e di gestione, senza però avere la responsabilità dei programmi e dei controlli.

Nel frattempo, nel 1989 nascono le Autorità di bacino, cioè una delle forme organizzative possibili per la cooperazione, un “organo misto” o un “organo a composizione mista Stato-Regioni” (così la Corte Costituzionale), nell’ambito della legge per la difesa del suolo, considerato “fenomeno più ampio e complesso della difesa delle acque”, con la prospettiva di far sintesi tra difesa e uso economico delle risorse. E quindi, nel 2006 nascono le Autorità di bacino distrettuali. Ovviamente, le vecchie Autorità di bacino continuano a svolgere le loro funzioni e continueranno a farlo sino all’effettiva istituzione dei nuovi organismi.

Parallelamente, alle Autorità d’ambito (AATO) si sostituisce l’Ente di governo d’ambito (EGATO) con cui si dispone la partecipazione obbligatoria degli Enti locali all’Ente di governo dell’ambito, al quale è trasferito l’esercizio delle competenze a essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche e di gestione rifiuti.

Secondo le ultime relazioni annuali dell’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico (AEEGSI), perdurano comunque situazioni molto eterogenee e frammentate sul territorio nazionale e tutt’ora in fase di definizione; inoltre, le scelte compiute a livello regionale non hanno ancora pienamente condotto verso modelli dotati degli auspicati caratteri di uniformità e omogeneità sul territorio nazionale.

Inutile evidenziare le motivazioni che rendono questa situazione caotica un vero tesoro per la politica italiana: continui carrozzoni su cui far salire a bordo presidenti, consiglieri e personale. Con i nomi indicati dai partiti viaggeranno cospicui interessi, mentre i cittadini continueranno a pagare tasse sempre più alte e a veder diminuire i servizi a loro erogati.

C’è assoluto bisogno di ordine.

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