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Mag 30, 2023 | Notizie | 0 commenti

Tempo di lettura: 8 minuti

GIUSTIZIA RIPARATIVA: CIVICRAZIA RECLAMA MAGGIORI POTERI PER LA VITTMA DI REATO

Con la Riforma Cartabia è stato introdotto, dal D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, dopo l’art. 129 cod. proc. pen., un ulteriore articolo, vale a dire l’art. 129-bis cod. proc. pen., volto a regolare l’accesso ai programmi di giustizia riparativa.

1. La norma introdotta

  1. In ogni stato e grado del procedimento l’autorità giudiziaria può disporre, anche d’ufficio, l’invio dell’imputato e della vittima del reato di cui all’articolo 42, comma 1, lettera b), del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, al Centro per la giustizia riparativa di riferimento, per l’avvio di un programma di giustizia riparativa.
  2. La richiesta dell’imputato o della vittima del reato di cui all’articolo 42, comma 1, lettera b) del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, è proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale.
  3. L’invio degli interessati è disposto con ordinanza dal giudice che procede, sentite le parti, i difensori nominati e, se lo ritiene necessario, la vittima del reato di cui all’articolo 42, comma 1, lettera b), del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, qualora reputi che lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede e non comporti un pericolo concreto per gli interessati e per l’accertamento dei fatti. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato.
  4. Nel caso di reati perseguibili a querela soggetta a remissione e in seguito all’emissione dell’avviso di cui all’articolo415 bis, il giudice, a richiesta dell’imputato, può disporre con ordinanza la sospensione del procedimento o del processo per lo svolgimento del programma di giustizia riparativa per un periodo non superiore a centottanta giorni. Si osservano le disposizioni dell’articolo 159, primo comma, numero 3), primo periodo, del codice penale, e dell’articolo 344 bis, commi 6 e 8, nonché, in quanto compatibili, dell’articolo 304.
  5. Al termine dello svolgimento del programma di giustizia riparativa, l’autorità giudiziaria acquisisce la relazione trasmessa dal mediatore.

2. La Relazione illustrativa

A commento della suindicata norma, la Relazione Illustrativa chiarisce che la disposizione introdotta prevede che, quando è in corso un procedimento penale, deve essere l’autorità giudiziaria ad avviare lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa alle parti che ne abbiano interesse: l’imputato e la vittima di reato.

Il giudice deve, su richiesta o anche di propria iniziativa, inviare i soggetti interessati – ossia l’imputato o l’indagato e la vittima del reato, ove individuata – al Centro per la giustizia riparativa di riferimento (cioè quello del luogo o altro indicato dal giudice stesso).

Tale invio può essere disposto anche nel corso delle indagini preliminari e, in questa fase, la valutazione viene affidata al pubblico ministero, che è l’unico a disporre del fascicolo e a poter attivarsi d’ufficio.

Con riguardo al procedimento, la norma prevede che il giudice, in seguito all’emissione dell’avviso di cui all’articolo 415 bis – e, durante le indagini, il pubblico ministero – senta necessariamente le parti e i difensori nominati e, solo ove lo ritenga necessario (!!!), la vittima del reato definita nella disciplina organica. 

Dove la vittima di reato sia agevolmente individuata dovrebbe invece essere disposta obbligatoriamente tale audizione.

L’autorità giudiziaria dovrà disporre l’invio – con provvedimento motivato – al Centro per la giustizia riparativa quando reputi che lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede e non comporti un pericolo concreto, sia per gli interessati, che per l’accertamento dei fatti.

Nei soli casi in cui il procedimento abbia ad oggetto un reato perseguibile a querela soggetta a remissione, si prevede un meccanismo sospensivo a richiesta dell’imputato.

All’esito del programma, l’autorità giudiziaria deve acquisire la relazione redatta dal mediatore di cui dovrà tener conto in ambito processuale, nei limiti di utilizzabilità stabiliti nella disciplina.

  1. Un approfondimento sintetico della norma

 La norma introdotta merita alcune riflessioni.

Al primo comma è disposto che, in “ogni stato e grado del procedimento l’autorità giudiziaria può disporre, anche d’ufficio, l’invio dell’imputato e della vittima del reato al Centro per la giustizia riparativa di riferimento, per l’avvio di un programma di giustizia riparativa”.

Orbene, per “vittima di reato” deve intendersi “la persona fisica che ha subito direttamente dal reato qualunque danno patrimoniale o non patrimoniale, nonché il familiare della persona fisica la cui morte è stata causata dal reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona”,

L’autorità giudiziaria può disporre l’invio dell’imputato e della vittima del reato al Centro per la giustizia riparativa di riferimento dalle indagini preliminari sino al giudizio di cassazione” (M. GIALUZ, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia. Profili processuali, 2/11/2022, in sistemapenale.it, p. 16) e nel “primo caso, procederà il pubblico ministero, per la semplice ragione che è il soggetto che conosce il fascicolo e può dunque effettuare la valutazione sulla sussistenza dei presupposti indicati nel terzo comma” (M. GIALUZ, op. cit., p. 16) mentre, durante il processo, la competenza spetta al “giudice che procede, il quale viene opportunamente specificato dal nuovo art. 45-ter disp. att. c.p.p.: a seguito dell’emissione del decreto di citazione diretta a giudizio sarà il giudice per le indagini preliminari fino a quando il decreto, unitamente al fascicolo, non è trasmesso al giudice a norma dell’articolo 553, comma 1, c.p.p.; dopo la pronuncia della sentenza e prima della trasmissione degli atti a norma dell’art. 590 c.p.p., provvede il giudice che ha emesso la sentenza; durante la pendenza del ricorso per cassazione, provvede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato” (M. GIALUZ, op. cit., p. 17).Quanto appena esposto, infine, può avvenire pure d’ufficio, e quindi non è necessariamente richiesta un’apposita istanza di parte.

Quindi, ove la richiesta – affinché l’imputato e la vittima del reato siano avviati al Centro per la giustizia riparativa di riferimento per l’avvio di un programma di giustizia riparativa – sia formulata da uno di questi, nel caso in cui sia prospettata dal legale di costoro, non è sufficiente la nomina, essendo per contro necessario il conferimento di un’apposita procura speciale, “venendo in rilievo un diritto personale, rispetto al quale la parte – sia essa la vittima o la persona indicata come autore dell’offesa – è chiamata a esprimere dinanzi al mediatore, e non all’Autorità giudiziaria, un consenso personale, libero, consapevole, informato ed espresso in forma scritta, da raccogliere prima di avviare il programma” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, Rel. n. 2/2023 del 5/01/2023, p. 319).

Il comma terzo dispone  che l’“invio degli interessati è disposto con ordinanza dal giudice che procede, sentite le parti, i difensori nominati e, se lo ritiene necessario, la vittima del reato di cui all’articolo 42, comma 1, lettera b), del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, qualora reputi che lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede e non comporti un pericolo concreto per gli interessati e per l’accertamento dei fatti” (primo periodo), fermo restando che nel “corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato” (secondo periodo).

Dunque, compete al Giudice (o al Pubblico Ministero) “valutare, in positivo, se il programma di giustizia riparativa sia utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto di reato ed escludere, in negativo, che l’invio possa comportare pericolo concreto per gli interessati o frustrare l’acquisizione della prova in funzione dell’accertamento dei fatti” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 321), fermo restando che, stante il principio di tassatività delle impugnazioni, non è possibile proporre alcun rimedio impugnatorio avverso siffatto provvedimento atteso che il precetto normativo in esame non ne prevede alcuno.

Ad ogni modo, a dispetto dell’apparente perentorietà dell’invio, non si tratta (…) che di un’autorizzazione, posto che la vittima e l’imputato possono senza dubbio rifiutarsi di iniziare il programma: in attuazione di consolidati principi internazionali, il d.lgs. n. 150 chiarisce, per un verso, che il consenso alla partecipazione ai programmi di giustizia riparativa si atteggia a canone fondamentale (art. 43, comma 1, lett. d) e, per altro verso, che esso è «personale, libero, consapevole, informato ed espresso in forma scritta», nonché «revocabile anche per fatti concludenti» (art. 48, comma 1)” tenuto conto altresì del fatto che, “in forza della clausola di chiusura generale dell’art. 58, comma 2, d.lgs. n. 150, «la mancata effettuazione del programma, l’interruzione dello stesso o il mancato raggiungimento di un esito riparativo non producono effetti sfavorevoli nei confronti della persona indicata come autore dell’offesa»” (M. GIALUZ, op. cit., p. 17).

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Va da sé che la norma in esame presuppone che il giudice abbia già deciso di avviare le parti presso i centri di riferimento e sia stato già individuato un programma da svolgere, sulla bontà del quale, evidentemente, il giudice non si pronuncia” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 323).

  1. Conclusioni

Sin qui una norma che sta suscitando ampi commenti e interpretazioni.

Tra tutti Civicrazia sottolinea il ruolo marginale e non essenziale assegnato dalla norma  alla Vittima di Reato ai fini della decisione dell’A.G. di procedere a una mediazione penale nell’ambito della lesione dei propri diritti.

Ciò non è accettabile e va modificato.

Inoltre  l’intero procedimento è privo di parametri di riferimenti e di calcoli tabellari per stabilire nella trattativa con l’imputato quali siano i margini di una qualche disponibilità ad una Giustizia veramente riparativa e non pretesto per inutili quanto dolorose discussioni.

Mario Pavone, Avvocato

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