Fin dai banchi di scuola ci siamo fatti l’idea che i filosofi erano uomini colti e saggi. Purtroppo, scorrendo l’elenco dei più famosi, ci accorgiamo che erano razzisti, sessisti e invidiosi. Aristotele che si era cimentato in tutti i campi del sapere, secondo quanto ha scritto Brewer, avrebbe ha sostenuto che i “maschi sono più retti delle femmine e più coraggiosi”, in poche parole migliori.
Trascorso qualche secolo, anche Kant, si cimenta in ardite considerazioni: “La donna non sarà mai in grado di imparare la geometria. Il vero oggetto della grande sapienza femminile è piuttosto l’uomo, la filosofia delle donne non è il ragionare, ma il sentire”. E, va oltre: ” Le donne adoperano i libri pressappoco come l’orologio, che esse portano per far vedere che ne hanno uno, sebbene di solito sia fermo”. Insomma, una compagnia di eletti popolata da malelingue, invidiosi, sessisti e razzisti. Secondo alcune gole profonde, Epicuro avrebbe sfruttato il fratello costringendolo a prostituirsi. Più divertente Nietzsche: “essere filosofi significa essere mummie”. Scorrendo ancora l’elenco incontriamo Hegel che, accusava Bacone di “essere un semplice principiante”, mentre Voltaire definì Rousseau un “infingardo del tutto inaffidabile”, ovviamente quest’ultimo ricambiò con un semplice “vile”. E, poi Bertrand Russell, la cui anima non si dava pace per la fama raggiunta da San Tommaso e, ancora Popper, che accusava Hegel di “essere un pagliaccio, leccaculo”.
la domanda nasce spontanea, cos’è che spinge uomini di grande cultura, il cui pensiero ha contribuito a far crescere la civiltà, a scendere così in basso? La domanda è semplice: perché ogni uno di loro pretende di considerarsi un maestro. Gli uomini non cambiano mai!
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