Ott 18, 2016 | Notizie | 0 commenti

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ESPOSTI ALLA PUBBLICA FEDE

“Esposti alla pubblica fede”

Potrà sembrare venditore di fumo, ciarlatano, ogni uno di noi che dà speranza, a quanti sommersi dalle difficoltà materiali, psicologiche, sociali, dà, o per lo meno tenta di dare speranza. Speranza, fare quanto in nostro potere per modificare la condizione dell’altro più debole di noi. Eppure non ci sono tanti punti saldi ai quali aggrapparsi per dire a chi vive nell’ indigenza, ai margini, a chi ha fallito, e assume l’impotenza come certezza assoluta: che deve ricominciare ad agire, in fretta, mobilitarsi, trovare motivazioni, e il senso di una socialità che esiste anche se interrotta nella sua storia .Chi si sente tradito dallo Stato, chi si sente tradito dai rivoli e da migliaia di uffici, che gli hanno negato, nel tempo, persino la licenza anche solo per un banchetto di castagne, non cede la sua fiducia neanche a noi. Dare fiducia oggi è associato da moltitudini di persone, alla semplice trappola di una richiesta indiretta, che li vedrà spogliati di qualcosa. La diffidenza, la perdita che in giurisprudenza è definita “Pubblica fede “è un fenomeno ampio, diffuso, tristemente invasivo; la fiducia è difficile da reimpiantare, rinsaldare. Rinsaldare i rapporti fiduciari fra noi e gli altri, fra noi e le istituzioni, fra noi. Rinsaldare fiducia e speranza fra generazioni, fra il singolo e lo Stato. Questa perdita di fiducia la esperimentiamo, persino noi ogni giorno, forse anche ora; i nostri rapporti possono essere intrisi di diffidenza, l’uno e l’altro si interroga, se il nostro rapportarci non sia un mero uso dell’altro, e ricevere il ben servito quando non si è più utili. Avanti a tanti diritti negati, vi è spesso una rinuncia. Persino il dovere per imitazione viene a cadere come motivazione, persino gli affetti traditi faticano a riprendere il loro corso e investire con altri diversi, con persone nuove, dando l’opportunità ad altro compagno di viaggio di riparare, di esaltare l’identità e il valore dell’esistere. Civicratici la forza risoluta di riuscire a interrompere questo circuito, l’impotenza devitalizzante, deve essere un dovere; una piattaforma alla quale aggrapparci, nel convincimento che siamo leali: lo spirito che ci muove a fare, a scrivere anche queste poche righe. Cosi anche noi, come le cose esposte alla pubblica fede, dobbiamo rischiare di dare fiducia. I tanti Dott. Azzecca Garbugli, che timorosi del potere, ci hanno preceduto ci hanno reso il compito difficile: rompere i nostri schemi mentali, e poi quelli altrui, per dare, fare, senza la cortina di ferro, la guerra fredda che attraversa la nostra società.

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