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Ott 22, 2020 | Notizie | 0 commenti

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DISOCCUPAZIONE GIOVANILE

 

La disoccupazione giovanile, come dai dati dell’ISTAT di giugno, è aumentata ben del 27% a seguito del Covid-19. E continua a aumentare.

Tale eccezionale aumento, in una situazione già drammatica, richiama le istituzioni europee, il governo e le regioni ad interventi con nuove politiche occupazionali a favore dei giovani, protagonisti di una crisi senza precedenti, probabilmente la peggiore fino a questo momento per il lavoro e i diritti sociali. La mancanza di qualunque prospettiva rischia sempre più di far chiudere i giovani disoccupati in un’apatia ed in una rassegnazione molto preoccupante.

Già la Conferenza Generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, riunita a Ginevra per la sua 101a sessione nel 2012, sollecitava un radicale intervento, essendo stata svolta una discussione generale in base al Rapporto V, “La crisi dell’occupazione giovanile: è il momento di agire”.
Oggi, mettere in campo iniziative utili a superare le difficoltà per la ricerca di un lavoro, che spesso effettivamente non c’è per nulla, è inderogabile, urgente e indifferibile. Una ricerca, il più delle volte, non soltanto infruttuosa ma sovente accompagnata dalla totale disinformazione su norme, prassi, agevolazioni e procedimenti utili per potersi orientare al meglio ed in piena consapevolezza, offrendo qualche via d’uscita rispetto al totale vuoto di prospettive.
Di una nuova strategia per l’occupazione giovanile, che metta insieme una visione generale innovativa con concrete proposte pragmatiche, al momento non emerge, se ne sa poco e non è argomento di dibattito nell’opinione pubblica.
Per non parlare sul dialogo pienamente mancante tra occupazione e sviluppo delle competenze, per garantire ai giovani tirocini, formazione e apprendistato.
Una questione centrale è certamente permettere alle aziende di facilitare l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro, assicurando il diritto di acquisire competenze e qualifiche. Sicuramente serve mobilitare subito “più risorse” per interventi mirati all’inserimento reale nei processi lavorativi (e non, come quasi sempre accade, per progetti fortemente assistenziali e senza futuro.
L’impegno per la creazione di nuovi posti di lavoro rende necessario migliorare anche la qualità della produzione, della distribuzione, dei trasporti, dei servizi pubblici, delle stesse risorse umane.

Bisogna prendere atto che ora sicuramente il mondo del lavoro non sarà più lo stesso di prima. Dopo la crisi pandemica andranno totalmente ripensate le politiche d’investimento e va modernizzata l’economia, creando posti di lavoro nuovi e più sostenibili nel tempo, parte integrante di una ripresa lavorativa legata alla sussidiarietà orizzontale in un contesto globalizzato di società sottoposta a continui spostamenti di flussi migratori.
Più a lungo durerà la crisi, maggiore sarà la ripercussione negativa sul piano economico e sociale. Le disparità salariali sollecitano il confronto su alcune tipologie di contratti, come gli atipici, i part-time, licenziamenti strategici, ecc., dove la dignità sembra uscirne mortificata.
Ben si comprende perchè i giovani (e non solo i giovani) non hanno alcuna fiducia dei Policy-makers.
Solo una nuova politica civicratica dell’occupazione potrà dare quella risposta strutturale per uscire davvero dalla crisi.

Ernesto Marino

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