IL CITTADINO
Essere Cittadini significa partecipare attivamente alla vita pubblica della comunità a differenza del suddito che non ha alcun diritto, è subordinato al sovrano e non ha nessuna prerogativa politica. Dal 1° gennaio di questo anno (2023) sono passati 75 anni dall’entrata in vigore della Costituzione Italiana, ma possiamo affermare con convinzione di essere diventati Cittadini o in realtà siamo ancora sudditi nel rapporto con lo Stato?
La questione è imprescindibile per la qualità e sopravvivenza della democrazia. La parola sudditi, presente per ben due volte nello Statuto Albertino, sarebbe scomparsa, per lasciare spazio al termine cittadini citato 33 volte nel testo della Costituzione Italiana.
Purtroppo, anche oggi raccogliamo molte esperienze di subalternità all’arbitrio dello Stato. Alcune esperienze sono state raccolte in diversi testi e saggi cito Noi e lo Stato. Siamo ancora sudditi? curato da Serena Sileoni dove studiosi, scrittori e giornalisti presentano una continuità della prassi tra il suddito dell’antico regime monarchico e l’attuale cittadino dello Stato democratico che sopporta ingiustizie riguardo la tutela della proprietà privata, burocrazia, il fisco e il fare impresa oggi in Italia.
Il rapporto di sudditanza è una relazione che si istituisce nei confronti di un potere pubblico caratterizzato da scelte spesso arbitrarie, immature, incoerenti e a volte insensate.
INDAGINE
C’è la necessità di indagare le ragioni di questo rapporto tra cittadino e potere pubblico e riflettere sulla vocazione alla libertà.
Per dirla alla Edgar Morin Svegliamoci! titolo del pamphlet, nuovo saggio del filosofo francese che ci invita a risvegliarci da una sorta di sonnambulismo generalizzato e a esercitare il pensiero critico.
Esperimentiamo una sudditanza non de iure, ma de facto. Ci sono infatti fratture come, per esempio, lo squilibrato rapporto tra contribuente e fisco e le occupazioni abusive di immobili.
Per esempio, chi ha subito un’occupazione abusiva, anche se avesse attuato tutte le azioni essenziali per ricuperare la disponibilità dei propri beni, secondo quanto prescritto dalle leggi vigenti, avrebbe costatato che gli organi preposti hanno rifiutato di dare seguito all’ordine giudiziale di sgombero, sul presupposto dell’esistenza di esigenze di ordine superiore che ne avrebbero giustificato un rinvio
a data da destinarsi. C’è da considerare una delle promesse fondamentali su cui si reggono le democrazie moderne, quella di un potere esecutivo imparziale, come recita l’art. 97 della Costituzione: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”.
L’articolo indica i tre principi fondamentali per il funzionamento della P. A.
Il principio di legalità e cioè che l’organizzazione dell’amministrazione dello Stato deve essere definita mediante leggi.
Per principio di buon andamento si intende l’efficienza dell’azione dell’amministrazione dello Stato, ossia la sua rispondenza all’interesse pubblico affidato alle cure dell’Amministrazione stessa.
Il principio di imparzialità cioè l’amministrazione dello Stato deve svolgere i suoi compiti senza rendersi responsabile di favoritismi o discriminazioni.
Ogni volta che l’Amministrazione può permettersi di ritardare l’esecuzione di una sentenza pronunciata secondo diritto, allora essa si fa sovrano assoluto, in cui l’assolutezza è conseguenza dell’essere ab-solutus, sciolto dai vincoli giuridici che definiscono la sua azione. Cosicché i cittadini sono davvero degradati alla condizione di sudditi.
La cittadinanza, al contrario della sudditanza, implica un’adesione partecipe alla gestione della cosa pubblica che non significa soltanto recarsi alle urne o candidarsi a qualche tornata elettorale, ma impegnarsi in un continuo esercizio di responsabili.
CONCLUSIONE:
In sostanza i cittadini sono invitati all’azione, alla fatica, ad esercitare il pensiero critico nei confronti delle narrazioni che dominano nel campo politico perché chi oggi siede in Parlamento o al Governo è chiamato oggi a rappresentarci, non a sostituirsi a noi.
Giancarla Perotti
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