MALASANITA’
La malasanità, una delle parole più usate ed abusate. Chiamiamola: morte dove bisogna curare.
Oggi è il caso dell’ospedale Ruggi dove un uomo di sessantotto anni arriva in codice rosso, viene messo in attesa e dopo otto ore muore. Oppure come il caso di un bambino di cinque mesi che arriva in crisi respiratoria viene dimesso, torna a casa e ha un’altra crisi respiratoria; allora i genitori pensano di portarlo a Battipaglia ma, anche in questo caso, il paziente muore.
O ancora il caso di una ventiquattrenne deceduta qualche giorno fa all’nell’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli, in provincia di Napoli, dove era tornata in preda a una crisi qualche ora dopo essere dimessa: un prevedibile shock emorragico polmonare, una perdita di sangue che ha ostruito le vie aeree facendola soffocare: bastava trattenerla e si sarebbe sconfitta la causa del decesso.
E in tutto questo quadro si aggiunge anche un licenziamento collettivo per quasi novecento lavoratori.
L’Asl Napoli 1 di Napoli, guidata dal manager Ciro Verdoliva, infatti, con la determina n. 1708 del 13/05/2022 aveva affidato l’appalto alla Epm, aderendo alla convenzione Consip e fondando questa decisione esclusivamente sul criterio di garantire l’identità di prestazione nell’esecuzione del contratto di servizio di pulizia di cui erano precedentemente titolari altre due società che si sono viste revocare l’incarico.
E subito dopo le tre società appaltanti decidono il licenziamento collettivo di quasi 900 lavoratori. La capofila di questa operazione è Epm che ha scritto nero su bianco: “422 dipendenti sono troppi per queste mansioni. C’è un esubero di 212 impiegati: licenziamento collettivo”. E così per tutti gli addetti è scattato il contratto di solidarietà, ciò vuol dire che l’orario di lavoro è stato ridotto del 50% e che a pagare buona parte degli stipendi, ridotti anche quelli, sarà l’Inps.
A ruota hanno seguito “l’esempio” anche le altre due società appaltanti, la Gesap e la Gemaservice. Entrambe hanno avviato la procedura di licenziamento collettivo, anche loro sostenendo che per il servizio di pulizia bastano la metà dei dipendenti attualmente impiegati. Parliamo di quasi 900 lavoratori che si sono già visti ridurre orario di lavoro e stipendio e che sanno che il loro posto è tutt’altro che sicuro.
E la Regione e l’ASL non reagiscono.
Fabio Riccio
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