CASE DI CURA
Siamo stati abituati a concepire l’idea del maltrattamento come l’immagine degli operatori che picchiano, seviziano, umiliano ed offendono l’anziano o il diversamente abile con infinita crudeltà. Tutto ciò è mostruoso, da condannare e soprattutto da combattere con ogni forza possibile. Allo stesso tempo, però, questa importante presa di coscienza di una realtà che può esistere soprattutto se riceve la cooperazione dell’omertà, rischia di farci dimenticare o, peggio, sottovalutare, la complessità profonda di ciò che può essere il maltrattamento particolarmente dell’anziano e del disabile all’interno delle strutture sanitarie.
Siamo stati abituati a pensare ai maltrattamenti solo come ad una realtà purtroppo esistente, che ogni tanto emerge in tutta la sua crudeltà.
Quante volte abbiamo visto un video, in televisione o su internet, con le immagini e gli audio messi a disposizione dalle varie procure a termine delle indagini che hanno riscontrato gravi maltrattamenti all’interno delle case residenze anziani? Quante volte, nel guardare e nell’ascoltare quelle nefandezze così devastanti, così crudeli inverso la persona umana nella fase più fragile della sua esistenza, umiliata, vilipesa, derisa, oltraggiata e violentata nella sua dignità più intima abbiamo con vigore richiesto rigorosa giustizia contro quegli operatori sanitari che le hanno commesse?
Decine e centinaia di casi negli anni, fra anziani, disabili e purtroppo a volte anche bambini.
DEBOLI
Va da sé che la persona debole residente in struttura è il soggetto più indifeso, spesso meno seguito e meno ascoltato. Per tanti casi che sono emersi, molti più esistono nell’omertà e nel silenzio di tanti.
Questo non per dire che le case residenze sono dei lager: assolutamente no. Possiamo stare certi che la maggior parte di esse siano luoghi sicuri oltre che luoghi di cura, di accoglienza e di affetto e vi sono meravigliosi esempi di operatori a tutti i livelli. D’altro canto non ci si può esimere dal constatare che la mostruosità esiste, anche in questo campo sociale così delicato; complice a volte anche il degrado lavorativo, organizzativo e contrattuale che riguarda talune realtà.
Dobbiamo reagire a quei “piccoli maltrattamenti” che feriscono l’anziano, lo umiliano e lo privano della sua autonomia senza prendersi a carico il bisogno che l’anziano ci espone. Quante volte è stato risposto all’anziano che chiedeva di essere portato in bagno, “ora non ho tempo, falla nel pannolino”, quante volte hanno risposto all’anziano che chiedeva di potersi alzare, “stai seduto sennò ti lego con la cintura” o quante volte taluno ha taciuto, per paura della reazione, davanti ad un collega che si poneva in modo sbagliato nei confronti dell’anziano, o quante volte ha comunque cooperato al male, standosene zitto!
Potremmo andare avanti all’infinito, volendo, elencando tutta una serie di “piccoli maltrattamenti” che come tarli infestano il sistema dell’assistenza alle persone anziane le quali, oggi più che mai, per risollevarsi avrebbero bisogno dei dettagli assistenziali.
È con i piccoli e grandi dettagli dell’assistenza che si migliora la qualità della vita delle persone parzialmente sufficienti o non autosufficienti.
Anche nei “piccoli maltrattamenti” si arriva a ledere profondamente, martellandola, la dignità della persona umana nelle sue fragilità, nei suoi bisogni e nella sua tanto complessa quanto meravigliosa soggettività unica ed irripetibile.
Solo abbattendo con decisione il muro dei “piccoli maltrattamenti” potremo combattere il sistema dei “grandi maltrattamenti”.
Fabio Riccio
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