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BAMBINI E PAROLE NON DETTE

Bambini e parole non dette

In un contesto mediato dalla tecnologia, persino dalla scienza che si interroga su eventi di disumana violenza e sempre più feroce e verosimilmente intrisa da aspetti Medioevali, di svalutazione della vita dell’altro, e congiuntamente si aprono scenari di orrore e terrore che solo la guerra può offrire. Oggi questi scenari cruenti terrificanti, ed agghiaccianti si offrono alla nostra visone tutti i giorni, nessuno può sottrarsi, non ci è dato di cambiare via, siamo raggiunti dalle voci dell’orrore, e condividiamo il destino parzialmente delle vittime, e con le vittime il trionfo o la miseria degli aguzzini. Siamo noi stessi vittime di un Orrore che non conosciamo e non possiamo sanare. Lo sterminio della prole è un evento che paralizza l’intera società, e che non lascia spazio alla razionalizzazione, neppure la scienza forensi, possono sedare, l’orrore e la conflittualità, che generano eventi snaturanti, la figura umana, la figura dei grafici dei bambini e anche degli adulti, che non hanno subito o assistito a tali violenze. Il superamento dell’istinto alla protezione della prole, la soppressione dei propri bimbi, sradica un tabù incistato nella psiche, e nella predisposizione stessa della nostra mente: l’istinto alla protezione dei bimbi: istinto Paterno e Materno. Sono aree del cervello addette a questo funzione. Hanno persino la funzione di conservazione della specie, oltre all’ attaccamento, al legame, agli affetti intimi e viscerali, che ci permettono evoluzione dalla dipendenza alla autonomia. Molti bambini e adulti, oggi, nella clinica, nel malessere che portano con effetti alle volte inibenti, carichi di angosce, a patologie. Spesso hanno dentro un bambino muto, che trattiene. Trattiene i segreti delle bambole, che in un gioco di ruolo chiama la zia “Anna Maria Franzoni.” Alla domanda chi sia, bisbigliano in due, la zia che papà non sopporta, andiamo da lei quando papà e mamma sono a lavoro. E completano facendo parlare le bambole: “sai quella che ha ucciso il figlio”. Bambini di 5, 6 anni, accanto a tragedie tradotte in angosce intollerabili, con accanto adulti incapaci di cogliere, la paura che può ingenerare un nome, per un bambino che sa, un nome dato alla sua beby sitter-zia. Gli adulti bambini non sanno?

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