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LA GIUSTIZIA RIPARATIVA E IL CASO MALTESI

 

INTRODUZIONE AL PRIMO PRECEDENTE IN ITALIA DI GIUSTIZIA RIPARATIVA

Il primo precedente in Italia di Giustizia Riparativa, introdotta dalla Riforma Cartabia, riguarda Davide Fontana, condannato in primo grado a 30 anni di reclusione per l’omicidio, lo smembramento e l’occultamento di cadavere di Carol Maltesi, ora ammesso alla mediazione. La procura e le parti civili (i genitori e il marito della vittima) si sono opposti duramente alla notizia dell’ammissione a questo procedimento, fondato sulla riabilitazione, la responsabilizzazione e la riparazione del danno, e giudicato incompatibile con un crimine tanto efferato, senza tuttavia che la loro opinione abbia inciso sull’ammissione dell’imputato, che è di esclusiva competenza del Giudice.

 

DUBBI E RIFLESSIONI SULL’EFFICACIA DELLA GIUSTIZIA RIPARATIVA

Sul punto, vari commentatori hanno manifestato molti dubbi sulla efficacia dell’iniziativa giudiziaria assunta, che incide sul senso di riprovazione e sulla percezione di giustizia tra i cittadini di fronte a un delitto così grave. Di certo, si tratta del primo caso di giustizia riparativa affrontato dai Tribunali italiani, che costituirà un precedente importante, se non di diritto, almeno per quanto riguarda la pratica e l’organizzazione degli incontri tra le parti.

 

CHE COS’È LA GIUSTIZIA RIPARATIVA

Prima di tutto, occorre chiarire che cos’è la Giustizia Riparativa, come funziona, per quali reati si applica e cosa comporta l’ammissione del condannato a questo percorso.
La Giustizia Riparativa è un istituto introdotto dalla Riforma Cartabia per favorire la riabilitazione e il reinserimento sociale di chi ha commesso reati, puntando sulla comprensione attiva dei danni causati e sull’impegno nella loro riparazione.

 

PRINCIPI E ORIGINI DELLA GIUSTIZIA RIPARATIVA

Questo approccio si basa sui principi della funzione rieducativa della pena e della riparazione del danno, spostando l’attenzione dalla punizione alla responsabilizzazione e al confronto tra le parti.
L’esperimento più noto di Giustizia Riparativa moderna nacque in Canada, a Kitchener, dall’idea di Mark Jantzi, che propose un programma di mediazione tra i giovani e le famiglie danneggiate.

 

L’ESPERIENZA ITALIANA E IL CASO DEI TERRORISTI

Il primo esempio rilevante in Italia fu quello avviato nel 2007, coinvolgendo parenti delle vittime del terrorismo degli anni Settanta, con mediatori come Guido Bertagna, Adolfo Ceretti e Claudia Mazzucato.
L’obiettivo non era agevolare gli autori dei crimini, ma creare un percorso di confronto e responsabilizzazione, anche per rendere più funzionali le condanne.

 

LA GIUSTIZIA RIPARATIVA NELLE PRATICHE GIURIDICHE ITALIANE

In Italia, già prima della Riforma Cartabia, erano diffusi programmi di riabilitazione e gruppi di ascolto tra vittime e autori di reato.
Oggi, la mediazione penale rappresenta uno strumento più strutturato, la cui applicazione dipende dalla valutazione dei giudici, che devono considerare l’utilità e la sicurezza del procedimento nel caso concreto.

 

A COSA SERVE LA GIUSTIZIA RIPARATIVA

La sola punizione si è rivelata inefficace sia a livello sociale sia per i soggetti coinvolti.
La pena, infatti, limita la criminalità solo in apparenza, senza favorire una reale comprensione e rieducazione dell’autore del reato.
La Giustizia Riparativa mira a favorire la consapevolezza delle ragioni del reato, facilitando un percorso che possa portare alla riparazione del danno e al ravvedimento.

 

COME FUNZIONA LA GIUSTIZIA RIPARATIVA

Il procedimento si basa su incontri tra vittime e autori di reato, guidati da mediatori specializzati, in un arco temporale di 3-6 mesi.
Durante questi incontri, si analizzano le conseguenze emotive e materiali del reato, e si raggiungono eventuali esiti simbolici (come scuse o accordi) o materiali (risarcimenti, restituzioni).
L’obiettivo è favorire un percorso di responsabilizzazione e riparazione, con il supporto del giudice che valuta l’esito finale.

 

APPLICAZIONE AI REATI E IMPLICAZIONI PER LA CONDANNA

La Riforma Cartabia non limita l’applicazione della Giustizia Riparativa a particolari reati: può essere richiesta in ogni fase del procedimento e per qualsiasi tipo di reato.
La partecipazione non comporta automaticamente benefici penali, ma gli esiti positivi possono influenzare le decisioni del giudice, come la sospensione condizionale o la remissione della querela.

 

IL CASO MALTESI: ORDINANZA DELLA CORTE DI ASSISE DI BUSTO ARSIZIO

L’ordinanza del 19 settembre 2023 della Corte di Assise di Busto Arsizio, presieduta dal Dott. Fazio e con l’estensore Dott.ssa Ferrazzi, affronta la richiesta di ammissione ai programmi di Giustizia Riparativa dell’imputato Davide Fontana.
L’imputato ha manifestato il desiderio di riparare la gravissima condotta e ha richiesto di partecipare a qualsiasi percorso o programma possibile.
Secondo la Corte, l’avvio di un percorso di Giustizia Riparativa «prescinde dal consenso di tutte le parti» e può essere comunque utile alla ricomposizione del danno sociale e personale.
L’istituto ha carattere pubblicistico e mira a rafforzare la sicurezza sociale, con l’accesso ai programmi sempre favorito, anche d’ufficio, in ogni fase del processo.
La Corte ha inoltre precisato che «lo svolgimento della Giustizia Riparativa non comporta rischi concreti per l’accertamento dei fatti né per gli interessati» in questo caso specifico.

 

CONCLUSIONI

Può succedere, come nel caso Maltesi, che le vittime (parte civile) decidano di non partecipare al percorso di Giustizia Riparativa con l’autore del reato.
In tali circostanze, è possibile procedere con una “vittima aspecifica”, cioè persone che hanno subito reati simili e sentono il bisogno di partecipare.
L’obiettivo della Riforma è quello di ridare alle vittime un senso di sicurezza, di integrità psicologica e di giustizia, favorendo la partecipazione e la responsabilizzazione di chi ha commesso il crimine.
Infine, va sottolineato che il percorso di Giustizia Riparativa non è un ritorno alla giustizia privata né un’applicazione del perdono cristiano, ma un metodo che richiede responsabilità e onestà da parte dell’autore del reato.

Mario Pavone, Avvocato, Docente in Master

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