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CIVICRAZIA A FIANCO DEL NUOVO RUOLO POTENZIATO DELLE ASSOCIAZIONI DEL TERZO SETTORE

Le Associazioni del Terzo Settore con CivicrazIa stanno vincendo le nuove sfide per lo sviluppo sociale

Nuovo ruolo delle Associazioni del Terzo Settore 

Le Associazioni del Terzo Settore sono chiamate a svolgere un ruolo fondamentale nell’ambito delle nuove sfide da affrontare per lo sviluppo sociale.

In particolare, oggi, con l’azione unitaria di Civicrazia, possono garantire sviluppo e contribuire a contrastare le diseguaglianze. Esse  devono porsi in ascolto dei territori e saper lavorare con le Istituzioni, svolgendo compiti di fondamentale importanza nell’ambito del c.d. welfare territoriale.

Come ha dimostrato quanto è accaduto durante la recente pandemia, il ruolo dei territori e delle comunita? locali va sempre più  potenziato in termini di attivazione di progettualità e collaborazioni, capaci di mobilitare risorse economiche,organizzative e ideative aggiuntive e/o di rendere più efficiente l’utilizzo di quelle gia? esistenti proprio nelle aree di bisogno attualmente piu? scoperte. Con Civicrazia perseguire una logica aggregativa e inclusiva è la strada vincente.

Si pensi alle categorie fragili tra cui vi sono gli anziani, i disabili,i disoccupati, i migrati…

e la necessità di operare in rete.

Quella territoriale è anche la dimensione adatta per sperimentare innovazioni capaci di intercettare i bisogni poco tutelati.

Il c.d. welfare territoriale non si limita, quindi, a quanto i Comuni possono offrire con le poche risorse a disposizione.

Il territorio si è trasformato sempre più in un eco-sistema socio-economico e culturale nel quale le Amministrazioni pubbliche e gli attori privati, profit e non profit, possono diventare attori-chiavdella risposta ai bisogni collettive non solo nelle urgenze.

L’impegno delle Associazioni del Terzo Settore può spaziare nel promuovere e/o facilitare processi capaci di aggregare, mettere a sistema e liberare risorse presenti nel favorire l’integrazione tra ambiti di policy, anche in modo inedito e non scontato, e nell’assicurare che i processi attivati seguano logiche inclusive e possano garantire sviluppo e contribuire a contrastare le diseguaglianze.

Bisogna  saper lavorare insieme e con le Istituzioni.

Il ruolo crescente delle Associazioni nel secondo welfare

È in questo contesto  che si è fatto strada e rafforzato il c.d. “secondo welfare”, ossia quell’insieme di interventi e progetti a finanziamento privato avviati “dal basso” da una pluralita? di attori che si propongono di aggregare e mettere in circolo risorse aggiuntive per contrastare gli effetti legati ai tagli della spesa pubblica per il sociale (si pensi al c.d. reddito di cittadinanza) e per contribuire alla sostenibilita? sociale, economica e ambientale.

Nel corso dell’ultimo decennio nuovi” soggetti – provenienti dalla sfera delle Associazioni intermedie, del Terzo Settore (dalle associazioni di volontariato ai soggetti della cooperazione sociale) hanno affiancato gli Enti Pubblici nella progetta zione, sperimentazione e attivazione di interventi di welfare in un’ottica sussidiaria.

Il protagonismo di questi soggetti tradizionalmente esclusi o ai margini del welfare statale ha quindi favorito profondi mutamenti e proposte di rinnovamento per quel che concerne i servizi sociali.

Ne costituisce un esempio il recente affidamento alle Associazioni del Terzo Settore dei Centri di Giustizia Riparativa, nell’ambito della Riforma della Giustizia, che costituisce un vero banco di prova dell’impegno a collaborare per un miglioramento complessivo in un ambito così delicato come quello della Giustizia sul territorio.

In tal senso il Forum di tali Associazioni, supportato da Civicrazia e che in Civicrazia sta trattando le necessarie modifiche normative.

In tal senso il Governo e gli Enti locali hanno avviato una sperimentazione diretta ad individuare possibili soluzioni all’annoso problema del funzionamento della Giustizia.

Si tratta, quindi, di un nuovo percorso a cui sono chiamate le Associazioni del Terzo Settore  in ambito sociale, affiancando, ma non sostituendo, il lavoro dei Tribunali.

Si pensi anche alla possibilità di svolgere un ruolo importante e decisivo per la composizione dei conflitti sociali in ambito familiare e nei confronti dei Minori ma, anche in relazione ad una possibile risposta per la prevenzione dei reati e l’assistenza delle Vittime in ambito territoriale, riabilitazione e reinserimento sociale delle stesse.

Il Terzo Settore, come emerge anche dal Rapporto “Sussidiarietà e sviluppo sociale“, ha dato prova di essere una risorsa preziosa e strategica anche in situazioni di emergenza (si pensi ai terremoti ed alle calamità naturali), capace di reagire usando strumenti nuovi e innovativi in grado di fornire servizi essenziali, calibrati sui bisogni emergenziali e sopperire alle carenze statuali nell’intervento legate a vecchi parametri obsoleti non più compatibili in ambito emergenziale.

A fare la differenza sono stati il bagaglio di esperienze pregresse e la struttura organizzativa dei numerosi enti del Terzo Settore territoriali, oltre alla disponibilita? ad aprirsi all’innovazione e alla flessibilità, alla centralita? delle persone e il rafforzamento delle reti e della cooperazione civicratica e – non meno importanti – le risorse economiche, tecnologiche e comunicative messe in campo nelle situazioni piu? difficili agendo con spirito di solidarietà umana verso i più fragili e bisognosi di assistenza e le categorie più deboli.

È proprio facendo leva su queste risorse che il Terzo Settore è chiamato oggi a una duplice sfida: da un lato, non può sottrarsi alle richieste (comprese quelle contingenti e quotidiane) che provengono dai territori continuando a essere reattivo e innovativo e, dall’altro, cogliere le opportunita? di avviare un processo profondo di rinnovamento che lo porti a rafforzarsi e a fare unitariamente  i conti con le criticita?  esistenti nel tessuto sociale

Il Terzo Settore e lo sviluppo sociale come ambito di intervento

La sfida è anche quella di concorrere alla promozione dello sviluppo sociale del territorio e al contrasto delle crescenti diseguaglianze economiche e sociali, contribuendo all’attivazione delle comunita? locali e, insieme, creare le condizioni per un’inclusione  di soggetti fragili e poco o per nulla tutelati.

Gli enti del Terzo Settore possono contribuire all’individuazione dei bisogni emergenti e alla promozione di misure innovative destinate a contrastare le nuove fragilita? per realizzare un welfare che sia sempre piu? territoriale e inclusivo.

A tal fine, le Associazioni si sono aperte  a collaborazioni con soggetti pubblici e con altre organizzazioni private e al mondo produttivo, per favorire nuove sinergie e reti innovative.

Basti vedere la nascita in itinere dei Consulenti per lo Sviluppo e la Coesione, con il prossimo varo dell’Albo, che mirano a realizzare l’ottimale cooperazione fra pubblico e privato, anche ai fini delle attuali opportunità europee.

Un ponte tra domanda e offerta di servizi

Il Terzo Settore è chiamato, inoltre, ad essere complementare all’incontro tra domanda e offerta di servizi e alla professionalizzazione delle competenze, per rafforzare il cosiddetto terziario sociale.

Si pensi alla Formazione dei disoccupati, alla individuazione di posti di lavoro, allo svolgimento dei Tirocini formativi presso le Aziende, all’avviamento di nuove start-up, alla ricerca di mercati interni ed esteri per il collocamento dei prodotti, etc.

Altrettanto importante è poi creare connessioni tra i fornitori di servizi favorendone la co-produzione per individuare piste possibili di integrazione tra settori di intervento e prestazioni, sfruttando il potenziale delle piattaforme digitali.

In altre parole, attraverso il coinvolgimento dell’intera galassia di organizzazioni non profit, pratiche e interventi, favoriscono un rinnovato protagonismo del Terzo Settorgenerando interventi sociali positivi per il territorio e le comunita? e connotando di nuove caratteristiche il welfare del presente e del futuro con un’attenzione specifica all’innovazione e alla sostenibilita? sociale e ai processi, possibilmente, di co-progettazione e co-produzione di servizi e interventi dentro reti multi stakeholder ancorate territorialmente ed intenzionate a rimettere le persone e i loro bisogni al centro del mondo produttivo.

In definitiva gli Enti del Terzo Settore (ETS) costituiscono “enti privati che promuovono e realizzano attività di interesse generale” e, dunque, con una finalità analoga a quella della pubblica amministrazione, indipendentemente dal modo di operare che li caratterizza.

L’art. 55 del Codice del Terzo Settore, in particolare, ha contribuito in modo decisivo ad una svolta nelle relazioni tra Enti Pubblici e Terzo Settore, dovendosi intendere questi ultimi non più come soggetti contrapposti, bensì come alleati.

Il ruolo delle Associazioni per le Vittime di Reato

Partendo dalla nuova impostazione dei rapporti tra Istituzioni Pubbliche ed Associazionismo si può pervenire agevolmente alla realizzazione dei Centri di Assistenza per le Vittime di Reato.

Il recepimento della Direttiva del 2012 nella Riforma Cartabia ha consentito l’ingresso nel processo per le Associazioni che si occupano dei diritti delle vittime di reati violenti e degli operatori del diritto preposti all’assistenza delle stesse.

Il tema dell’assistenza alla Vittime di Reato è fondamentale.

La Direttiva europea del 2012 ha imposto agli Stati membri di attivare un sistema di protezione per le vittime di tutti i reati così da garantire una assistenza integrata che sia emotiva, psicologica, economica, medica, legale, linguistica.

È’una rivoluzione culturale, quella che l’Europa ha chiesto all’Italia a cui l’apposito Forum intrnde uniformarsi senza perdere altro tempo. Ciò anche  alla luce del costante aumento del numero delle Vittime a vario titolo.

Va superato l’approccio meramente processuale alla “persona offesa” per considerare integralmente la Vittima di reato.

In base al Censimento effettuato dal Ministero,sono oltre mille, le Associazioni specifiche per le Vittime di reato, ciascuna con una sua peculiarità ma comunque tutte utili e radicate sul Territorio di appartenenza ovvero su quello nazionale, avvalendosi di una propria Rete ed operatori specializzati.

Occorre, dunque, intervenire rapidamente sul tema vasto e complesso della paura del crimine nella nostra società, una paura, troppo spesso, diffusa ed alimentata dai mezzi di comunicazione di massa, evitando processi mediatici che non fanno che aumentare nella gente la preoccupazione ed i timori nella vita quotidiana.

Le risposte alla crescente domanda di Giustizia devono tenere conto delle opinioni, dei sentimenti,delle valutazioni che la “gente comune” nutre sui temi della criminalità, della giustizia penale e delle scelte di politica criminale degli ultimi decenni e di cui le Vittime di reato ne costituiscono l’ineluttabile quanto doloroso prodotto.

In un’epoca storica come la nostra, caratterizzata da profondi cambiamenti comunicativi e relazionali, dove le dinamiche della paura giocano un ruolo assolutamente determinante e dove lo scollamento tra dati “reali” e dati “comunicati” rischia di divenire incolmabile, l’azione di supporto demandata alle Associazioni può, per davvero, aspirare a divenire un “banco di prova” per la tutela e l’assistenza delle Vittime del Reato e rivolto ad orientare le scelte future del Legislatore sul piano normativo.

Non va dimenticato che le Regioni hanno istituito, quasi tutte, un Garante Regionale per le Vittime mentre manca ancora quello Nazionale,   invocato dell’intero Forum  come tramite tra le Associazioni e le Istituzioni.

Nel Forum le Associazioni possano confrontarsi sulle tematiche comuni ed unificare i Servizi da rendere alle Vittime.

In tale direzione va annoverata l’iniziativa assunta da Civicrazia  e diretta a fare cooperare tutte le Associazioni  ad un tavolo permanente di consultazione con le Istituzioni allo scopo di offrire proposte ed indicazioni da recepire sia per l’espletamento dei servizi da rendere ai cittadini che per la Formazione degli Operatori preposti.

Occorre avviare lo  Sportello delle vittime” non ancora in funzione se si escludono quelli  aperti presso i Tribunali. Tale innovazione non è apparsa utile non essendo  prevista  dalla Direttiva.

In conseguenza, per realizzare tale progetto occorrerà avviare una riflessione congiunta tra lo Stato e le Regioni, funzionalmente coinvolte in materia, ma con l’ormai indifferibile urgenza di provvedere

In proposito, va ricordato che ogni reato richiede una tipologia di supporto e  spesso ad un singolo reato corrispondono e sono necessari diversi supporti che vanno ad intersecarsi tra di loro.

Gli interventi di supporto e le figure predisposte a interagire con le vittime, a seconda della loro specificità e tipologia di reato sofferto, possono essere classificati in come segue:

supporto psicologico

la figura preposta a dare supporto è in questo caso lo psicologo che, attraverso un percorso di ascolto del vissuto traumatico della vittima, accompagna e sostiene la persona fino alla elaborazione dell’evento e al ritrovare una condizione di equilibrio e serenità.

supporto medico legale

occorre fornire uno specifico supporto di medici legali pediatri, psichiatri,che forniscano la necessaria assistenza alla vittima di violenze fisiche e di lesioni,a volte anche perma nenti, subite dalla vittima del reato.

supporto legale

gli Sportelli sono destinati anche a fornire anche un’assistenza legale alle vittime

affinché possano ricevere un aiuto per difendersi nei confronti dell’autore del reato anche per richiedere i danni fisici e morali ,con l’intento di assicurare alla vittima ed ai suoi familiari, spesso impossibilitati,una difesa legale efficace dei propri interessi lesi.

supporto criminologico

lo Sportello deve comprendere anche un supporto criminologico  a servizio delle istituzioni presenti sul territorio con il compito di svolgere una compiuta analisi della situazione territoriale per tutti gli episodi di violenza e quant’altro necessiti per le istituzioni nazionali e locali e le forze dell’ordine per garantire una sicurezza effettiva e scongiurare il ripetersi di tali episodi,anche attraverso un’azine preventiva e campagne di sensibilizzazione in ambito scolastico e pubblico.

Spesso le vittime non si rivolgono direttamente agli operatori della sicurezza come Carabinieri, Polizia, Ospedali, Medici poiché, nonostante la loro professionalità, non sempre possiedono le competenze necessarie per poter accogliere la vittima nel modo corretto senza il rischio di vittimizzarla ulteriormente e dare origine ad una “Vittimizzazione secondaria”.

Accade, quindi, che la vittima eviti di rivolgersi a tali operatori per sfiducia nella Giustizia o per tema di conseguenze gravi nel denunciare i fatti di cui sono rimaste vittime ovvero per vergogna nel denunciare le violenze subite, finendo così per isolarsi nella propria abitazione privandosi di ogni assistenza, con gravi conseguenze sullo stato di salute e psicologiche.

In questo contesto risulta, quindi, molto importante formare una nuova classe di Operatori che, a seguito di una specifica formazione, possano svolgere il loro lavoro fornendo alle vittime del Reato un primo supporto che risulta fondamentale lungo tutto il percorso successivo da seguire, se applicato con la giusta sensibilità e metodologia.

Accogliere e ascoltare è una questione di capacità di osservazione, valutazione e coscienza  ed è proprio per questa ragione che è necessario che il personale preposto sia costituito da elementi ben formati, che sappiano mettersi a disposizione delle vittime per contenere il più possibile una situazione di disagio.

Per concludere, va detto che i diritti delle Vittime sono stati rafforzati con innesti (quasi sempre) coerenti con quella prospettiva protezionistica avanzata dall’Europa ma occorre andare oltre con interventi ancora più specifici e fattuali sia nel Procedimento Penale che sul Territorio.

Mario Pavone, avvocato, docente in Master

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