giovedì 8 Giugno 2023

MORTI SUL LAVORO: UN NUMERO INQUIETANTE 

Più di tre persone al giorno.

È il numero, in media, dei morti sul lavoro nel 2022, un numero tornato ai livelli precedenti la pandemia. Sono 1090 secondo le rilevazioni dell’Inail al 31 dicembre 2022.

E nel primo trimestre 2023 sono 136 i morti sul lavoro.

25 MAGGIO, UN GIORNO FUNESTO

 E in un’unica giornata, il 25 maggio, sono morte 5 persone.

Un operaio di 60 anni ha perso la vita dopo essere caduto da un’impalcatura all’interno di un cantiere a Macherio, in provincia di Monza.

 In una sola giornata è stato il terzo morto in Lombardia e il quinto in Italia.

Un operaio di 25 anni, originario del Bangladesh, è morto in un’azienda di Trezzano sul Naviglio, nel milanese, schiacciato da un macchinario industriale. Era il suo primo giorno nello stabilimento.

 Un uomo di 33 anni ha invece perso la vita a Cerreto, in provincia di Brescia. Il 33enne è stato schiacciato da un albero.

 In Sardegna all’Ecocentro di Portoscuso, nel Sulcis, un uomo è caduto in un compattatore di rifiuti.

La quinta vittima è a Rende, in provincia di Cosenza: un uomo di 62 anni è caduto da un ponteggio mentre era impegnato in lavori di tinteggiatura.

DECRETI INSUFFICIENTI: OCCORRE LA SQUADRA DI SORVEGLIANZA

Nonostante i numerosi decreti emanati dove sono elencati tutti gli obblighi da parte dei datori di lavoro e dei lavoratori, la situazione allo stato attuale non è in via di miglioramento, anzi il fenomeno delle” Morti bianche”, purtroppo, continua ad aumentare determinando lutti e famiglie distrutte dal dolore.

 Di certo qualcosa non funziona!

Davanti a queste stragi ribadiamo ancora, – come già detto in passato (https://www.civicrazia.org/basta-con-le-morti-bianche/),  – occorre  l’immediata istituzione della Squadra specializzata di sorveglianza ossia un’unità che sorveglia attivamente sulla effettiva formazione del lavoratore, prima di essere adibito alla mansione da svolgere, che verifichi che le attrezzature e le macchine siano a norma, che siano apprestate tutte le tutele.

In questo modo si può salvaguardare la vita e la salute del lavoratore.

Fabio Riccio

“Non sai cucinare”: finisce male per il marito che picchia e offende la moglie.

Lei era dovuta fuggire di casa con il bambino.

“Non vali niente, cucini male” – erano le parole dell’uomo mentre le dava calci e schiaffi.  Il 29 maggio per l’imputato è arrivata una condanna a due anni per maltrattamenti in famiglia.

La violenza contro le donne rappresenta un importante problema di sanità pubblica, oltre che una violazione dei diritti umani.

La violenza ha effetti negativi, a breve e a lungo termine, sulla salute fisica, mentale, sessuale e riproduttiva della vittima.  Le conseguenze possono determinare per le donne isolamento, incapacità di lavorare, limitata capacità di prendersi cura di sé e dei propri figli. I bambini che assistono alla violenza all’interno dei nuclei familiari possono soffrire di disturbi emotivi e del comportamento.

Gli effetti sulla violenza di genere si ripercuotono sul benessere dell’intera comunità.

A chi rivolgersi:

112: chiamare il numero di emergenza senza esitare, né rimandare in caso di aggressione fisica o minaccia di aggressione fisica; se si è vittima di violenza psicologica; se si sta fuggendo con i figli (evitando in questo modo una denuncia per sottrazione di minori); se il maltrattante possiede armi.

1522: Numero antiviolenza e anti-stalking, attivo 24 ore su 24, 365 giorni l’anno.

Pronto Soccorso: soprattutto se si ha bisogno di cure mediche immediate e non procrastinabili. Gli operatori sociosanitari del Pronto Soccorso, oltre a fornire le cure necessarie, sapranno indirizzare la persona vittima di violenza.

A fini pratici ecco il

DECALOGO SALVADONNA

PUOI  SALVARE  E  MIGLIORARE  LA  TUA  VITA  E  QUELLA  DI  TUO  FIGLIO !

(ADESSO  LO  SAI)  !!!

Da un lavoro presentato dal Prof. Vincenzo  Mastronardi presso la Sede del Parlamento Europeo

VIOLENZA FISICA: Schiaffi, Pugni, Morsi, Spinte, Braccia contorte, Presa per i capelli, ecc.

VIOLENZA ECONOMICA: Controllo ossessivo con oppressione economica.

VIOLENZA SESSUALE: Stupro, Rapporti sessuali vissuti come violenza o umilianti, costrizione a rapporti con altri, ecc.

VIOLENZA PSICOLOGICA: Continue minacce e denigrazioni per l’attività o l’aspetto, Insana e tormentosa gelosia, Controllo angosciante della posta, delle amicizie e allontanamento coercizzante dalle parentele. Vuoto sociale.

Per evitare le quattro suddette violenze, il Decalogo dell’Osservatorio dei Comportamenti e della Devianza della Cattedra di Psicopatologia forense della 1a Facoltà di Medicina dell’Università di Roma “Sapienza” è il seguente:

1) Non permettere che ti isoli forzatamente dalla famiglia e dagli amici, denigrandoli e sradicandoti da un terreno affettivo amicale di riferimento;

2) Evita il controllo non oculato e produttivo della spesa ma per finalità diverse dal reale risparmio, ovverosia come controllo della persona (oppressione economica);

3) Osservare nel tuo partner eccessivi e frequenti cambi di umore anche minacciosi con un ossessivo continuo denigrare la tua attività, il tuo aspetto, il tuo abbigliamento, deridendoti in pubblico o in privato;

4) Presta attenzione all’eccessivo controllo dei tuoi percorsi, delle tue telefonate e delle amicizie;

5) Guardati dalla insana e tormentosa gelosia anche verso le amiche;

6) Sappi dire di “no” in modo chiaro e sereno se serve a creare confini sani. I troppi “si” creano autorizzazione a monopolizzarti;

7) Sta attenta alle colpevolizzazioni verso la tua persona in relazione a tutto ciò che accade in casa, nonché per il proprio stress e per le proprie frustrazioni;

8) Presta attenzione se vi sono ripetute intimidazioni verbali (minacce, parolacce), o non verbali come buttare a terra oggetti, per poi evolvere verso strattoni e spinte, che però ben presto possono evolvere in schiaffi, pugni e calci (il 31% degli Omicidi di donne sono commessi da mariti o fidanzati), il 66% delle persone sono uccise dal partner con una pistola, il 40% degli abusi sono commessi durante la prima gravidanza (fattore di rischio). La seconda causa di morte delle donne incinte è l’omicidio (ONU 12.10. 2006),;

9) Attenta ai comportamenti persecutori. (= Stalking o Sindrome delle Molestie Assillanti es.: telefonate anonime, sms, e-mail, vandalizzazioni, violazioni di domicilio, spiare, sorveglianza ossessiva della propria abitazione o sul lavoro;

10) Attenzione alle provocazioni continue per poi giungere alle liti, nonché alle strumentalizzazioni del figlio allo scopo di penalizzare il partner.

NB: Non dimenticare però che il 15% delle violenze domestiche, sono subite da uomini (ONU 2006) e spesso chi violenta può essere curato. Rivolgiti ai presidi specializzati.

(Da un lavoro di Vincenzo Maria Mastronardi,  Monica Calderaro)

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Nessuno sforzo deve essere evitato per fermare quest’ondata di violenza alle donne.

Eleonora Aleo

Il 28 luglio 2023 si terrà  il Plastic Overshoot Day.

In questa data verranno prodotti più rifiuti plastici rispetto a quello che il mondo riesce a gestire. 

L’idea è sensibilizzare in modo simile a ciò che è avvenuto con l’evento Overshoot Day, tenutosi il 15 maggio 2023 presso la sala conferenze della Camera dei deputati.

L’Overshoot day è il giorno che indica l’esaurimento ufficiale delle risorse rinnovabili che la Terra è in grado di rigenerare nell’arco di 365 giorni. Questa data cambia ogni anno a seconda della rapidità con cui consumiamo risorse.

Le risorse naturali disponibili sul nostro pianeta corrispondono a tutte le risorse e a tutti i servizi ecosistemici che il pianeta ci offre, come ad esempio: gli alberi, la terra e il mare.

Occorre incentivare, formare e affiancare le imprese  per la transizione ad un nuovo modello di produzione, fornendo tecnologie innovative e capitale umano con elevate competenze. 

E’ imprescindibile agire in 5 aree chiave dell’attuale sistema socio-economico in relazione alle risorse naturali:

  • Energia: Per limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°C è necessario riazzerare l’impronta di carbonio entro il 2050.
  • Cibo: Tra i molti interventi alimentari che si possono compiere, sono particolarmente indispensabili la riduzione dello spreco alimentare (attualmente ben 67 kg per abitante ogni anno), la promozione di sistemi alimentari a filiera corta e sistemi produttivi naturali e a basso impatto.
  • Città: Si prevede che tra il 70% e l’80% di tutte le persone entro il 2050 vivrà nelle aree urbane. Ne consegue che una pianificazione urbana intelligente è fondamentale per garantire una rigenerazione biologica che compensi la domanda di risorse.
  • Pianeta: Per garantire un pianeta sano che possa sostenerci ora e in futuro è necessario ridurre e migliorare qualitativamente la domanda umana e mantenere il sistema di supporto vitale della Terra. Esistono già soluzioni per migliorare la salute dei nostri ecosistemi e, a sua volta, la capacità del pianeta di rigenerare le risorse biologiche: dalla conservazione al ripristino, all’agricoltura rigenerativa.
  • Popolazione: Occorre adeguare a fondo ogni aspetto all’aumento della popolazione. Le Nazioni Unite prevedono che tra 7,3 e 15,6 miliardi di persone vivranno sulla Terra entro il 2100 e che inevitabilmente avranno un impatto sugli ecosistemi.

Occorre ora una classe dirigente capace di impiantare, incentivare e sostenere il nuovo modello di sviluppo.

Diana Maria Liguori

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Don Luigi Milani ha insegnato verità scomode.
Di queste verità bisogna parlare francamente e attuarle.

MATTARELLA A BARBIANA

Il 27 maggio 2023 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è recato a Barbiana, un paesino del Mugello, per commemorare i cento anni di Don Luigi Milani.

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VEDIAMO DI CONOSCERE DAVVERO QUESTO DON MILANI

Lorenzo Carlo Domenico Milani Comparetti: questo il suo nome completo.

Viene da una benestante famiglia ebrea fiorentina che non ha mai accettato la sua conversione al cristianesimo.

Il 13 luglio 1947 viene ordinato sacerdote e da quel giorno inizia la sua lotta per la scuola che deve essere di tutti e non di pochi.

Viene nominato Cappellano nella parrocchia di S. Donato a Calenzano, alle porte di Firenze.

Qui si trova a operare, insieme al vecchio parroco Daniele Pugi, in una realtà rurale arretratissima. I suoi parrocchiani sono braccianti, pastori ed operai, perlopiù analfabeti.

Don Milani è convinto che sia dovere della Chiesa occuparsi dell’istruzione dei suoi fedeli, soprattutto dei più deboli.

Queste sue idee lo rendono inviso ai superiori ecclesiastici che cercano di zittire il suo pensiero rivoluzionario mandandolo a fare il parroco in un paesino del Mugello, appunto Barbiana.

Don Luigi è un uomo scomodo, esigente, provocatore e, per questo suo carattere, viene isolato con la nomina si priore di Barbiana, un piccolo paesino sui monti del Mugello: 124 abitanti in tutto, una chiesa, una canonica, un cimitero e una manciata di case sparse sui monti. Un angolo sperduto molto lontano dall’Italia del boom economico.

Appena arrivato Don Milani: costruisce dal nulla e nel nulla la sua scuola popolare per giovani operai e contadini acquista un posto nel piccolo cimitero di montagna. È proprio a Barbiana che Don Milani fa la sua esperienza più forte.

Si preoccupa di aiutare a liberare la  dignità dei giovani e la loro cultura attraverso la parola per essere meglio in grado di affrontare le difficoltà della vita.

Il suo libro “Lettera ad una professoressa”  viene accolto gelidamente dalle istituzioni ma apre una breccia nei cuori di tanti.

ERA IL 26 GIUGNO DEL 1967

All’età di soli 44 anni  Don Milani muore a causa di una grave malattia, il morbo di Hodgkin, di cui soffre da anni.

Come aveva chiesto nel suo testamento, viene seppellito nel piccolo cimitero di Barbiana con i paramenti sacri e le scarpe da montanaro.

Ma vi é altro nel suo testamento, rivolgendosi ai giovani:

“Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho la speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto”.

E si firma semplicemente  “Lorenzo”.

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DOMANDE CHE BRUCIANO ANCORA

Se la scuola é di tutti, se nessuno deve essere escluso, perché tanti senza mezzi sono esclusi da costose Università?

Perché  non si mettono in atto politiche di inclusione scolastica?

Qualcuno potrà spiegarci perché non si sostiene il povero nello studio?

E sempre qualcuno dovrà chiarire, sull’altare della storia, il perché va sempre avanti mentre vengono sempre più emarginati i non ambienti e i poveri, anche se spesso molto meritevoli.

Perché il denaro e le raccomandazioni prevalgono su merito e onestà?

Forza, Civicratici, attuiamo il messaggio  di Lorenzo Carlo Domenico Milani  Comparetti! Giustizia nella scuola, nel lavoro e nella vita! Costruiamo un futuro di dignità per i giovani!

Ruggiero Riefolo

Con la Riforma Cartabia è stato introdotto, dal D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, dopo l’art. 129 cod. proc. pen., un ulteriore articolo, vale a dire l’art. 129-bis cod. proc. pen., volto a regolare l’accesso ai programmi di giustizia riparativa.

1. La norma introdotta

  1. In ogni stato e grado del procedimento l’autorità giudiziaria può disporre, anche d’ufficio, l’invio dell’imputato e della vittima del reato di cui all’articolo 42, comma 1, lettera b), del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, al Centro per la giustizia riparativa di riferimento, per l’avvio di un programma di giustizia riparativa.
  2. La richiesta dell’imputato o della vittima del reato di cui all’articolo 42, comma 1, lettera b) del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, è proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale.
  3. L’invio degli interessati è disposto con ordinanza dal giudice che procede, sentite le parti, i difensori nominati e, se lo ritiene necessario, la vittima del reato di cui all’articolo 42, comma 1, lettera b), del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, qualora reputi che lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede e non comporti un pericolo concreto per gli interessati e per l’accertamento dei fatti. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato.
  4. Nel caso di reati perseguibili a querela soggetta a remissione e in seguito all’emissione dell’avviso di cui all’articolo415 bis, il giudice, a richiesta dell’imputato, può disporre con ordinanza la sospensione del procedimento o del processo per lo svolgimento del programma di giustizia riparativa per un periodo non superiore a centottanta giorni. Si osservano le disposizioni dell’articolo 159, primo comma, numero 3), primo periodo, del codice penale, e dell’articolo 344 bis, commi 6 e 8, nonché, in quanto compatibili, dell’articolo 304.
  5. Al termine dello svolgimento del programma di giustizia riparativa, l’autorità giudiziaria acquisisce la relazione trasmessa dal mediatore.

2. La Relazione illustrativa

A commento della suindicata norma, la Relazione Illustrativa chiarisce che la disposizione introdotta prevede che, quando è in corso un procedimento penale, deve essere l’autorità giudiziaria ad avviare lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa alle parti che ne abbiano interesse: l’imputato e la vittima di reato.

Il giudice deve, su richiesta o anche di propria iniziativa, inviare i soggetti interessati – ossia l’imputato o l’indagato e la vittima del reato, ove individuata – al Centro per la giustizia riparativa di riferimento (cioè quello del luogo o altro indicato dal giudice stesso).

Tale invio può essere disposto anche nel corso delle indagini preliminari e, in questa fase, la valutazione viene affidata al pubblico ministero, che è l’unico a disporre del fascicolo e a poter attivarsi d’ufficio.

Con riguardo al procedimento, la norma prevede che il giudice, in seguito all’emissione dell’avviso di cui all’articolo 415 bis – e, durante le indagini, il pubblico ministero – senta necessariamente le parti e i difensori nominati e, solo ove lo ritenga necessario (!!!), la vittima del reato definita nella disciplina organica. 

Dove la vittima di reato sia agevolmente individuata dovrebbe invece essere disposta obbligatoriamente tale audizione.

L’autorità giudiziaria dovrà disporre l’invio – con provvedimento motivato – al Centro per la giustizia riparativa quando reputi che lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede e non comporti un pericolo concreto, sia per gli interessati, che per l’accertamento dei fatti.

Nei soli casi in cui il procedimento abbia ad oggetto un reato perseguibile a querela soggetta a remissione, si prevede un meccanismo sospensivo a richiesta dell’imputato.

All’esito del programma, l’autorità giudiziaria deve acquisire la relazione redatta dal mediatore di cui dovrà tener conto in ambito processuale, nei limiti di utilizzabilità stabiliti nella disciplina.

  1. Un approfondimento sintetico della norma

 La norma introdotta merita alcune riflessioni.

Al primo comma è disposto che, in “ogni stato e grado del procedimento l’autorità giudiziaria può disporre, anche d’ufficio, l’invio dell’imputato e della vittima del reato al Centro per la giustizia riparativa di riferimento, per l’avvio di un programma di giustizia riparativa”.

Orbene, per “vittima di reato” deve intendersi “la persona fisica che ha subito direttamente dal reato qualunque danno patrimoniale o non patrimoniale, nonché il familiare della persona fisica la cui morte è stata causata dal reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona”,

L’autorità giudiziaria può disporre l’invio dell’imputato e della vittima del reato al Centro per la giustizia riparativa di riferimento dalle indagini preliminari sino al giudizio di cassazione” (M. GIALUZ, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia. Profili processuali, 2/11/2022, in sistemapenale.it, p. 16) e nel “primo caso, procederà il pubblico ministero, per la semplice ragione che è il soggetto che conosce il fascicolo e può dunque effettuare la valutazione sulla sussistenza dei presupposti indicati nel terzo comma” (M. GIALUZ, op. cit., p. 16) mentre, durante il processo, la competenza spetta al “giudice che procede, il quale viene opportunamente specificato dal nuovo art. 45-ter disp. att. c.p.p.: a seguito dell’emissione del decreto di citazione diretta a giudizio sarà il giudice per le indagini preliminari fino a quando il decreto, unitamente al fascicolo, non è trasmesso al giudice a norma dell’articolo 553, comma 1, c.p.p.; dopo la pronuncia della sentenza e prima della trasmissione degli atti a norma dell’art. 590 c.p.p., provvede il giudice che ha emesso la sentenza; durante la pendenza del ricorso per cassazione, provvede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato” (M. GIALUZ, op. cit., p. 17).Quanto appena esposto, infine, può avvenire pure d’ufficio, e quindi non è necessariamente richiesta un’apposita istanza di parte.

Quindi, ove la richiesta – affinché l’imputato e la vittima del reato siano avviati al Centro per la giustizia riparativa di riferimento per l’avvio di un programma di giustizia riparativa – sia formulata da uno di questi, nel caso in cui sia prospettata dal legale di costoro, non è sufficiente la nomina, essendo per contro necessario il conferimento di un’apposita procura speciale, “venendo in rilievo un diritto personale, rispetto al quale la parte – sia essa la vittima o la persona indicata come autore dell’offesa – è chiamata a esprimere dinanzi al mediatore, e non all’Autorità giudiziaria, un consenso personale, libero, consapevole, informato ed espresso in forma scritta, da raccogliere prima di avviare il programma” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, Rel. n. 2/2023 del 5/01/2023, p. 319).

Il comma terzo dispone  che l’“invio degli interessati è disposto con ordinanza dal giudice che procede, sentite le parti, i difensori nominati e, se lo ritiene necessario, la vittima del reato di cui all’articolo 42, comma 1, lettera b), del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, qualora reputi che lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede e non comporti un pericolo concreto per gli interessati e per l’accertamento dei fatti” (primo periodo), fermo restando che nel “corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato” (secondo periodo).

Dunque, compete al Giudice (o al Pubblico Ministero) “valutare, in positivo, se il programma di giustizia riparativa sia utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto di reato ed escludere, in negativo, che l’invio possa comportare pericolo concreto per gli interessati o frustrare l’acquisizione della prova in funzione dell’accertamento dei fatti” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 321), fermo restando che, stante il principio di tassatività delle impugnazioni, non è possibile proporre alcun rimedio impugnatorio avverso siffatto provvedimento atteso che il precetto normativo in esame non ne prevede alcuno.

Ad ogni modo, a dispetto dell’apparente perentorietà dell’invio, non si tratta (…) che di un’autorizzazione, posto che la vittima e l’imputato possono senza dubbio rifiutarsi di iniziare il programma: in attuazione di consolidati principi internazionali, il d.lgs. n. 150 chiarisce, per un verso, che il consenso alla partecipazione ai programmi di giustizia riparativa si atteggia a canone fondamentale (art. 43, comma 1, lett. d) e, per altro verso, che esso è «personale, libero, consapevole, informato ed espresso in forma scritta», nonché «revocabile anche per fatti concludenti» (art. 48, comma 1)” tenuto conto altresì del fatto che, “in forza della clausola di chiusura generale dell’art. 58, comma 2, d.lgs. n. 150, «la mancata effettuazione del programma, l’interruzione dello stesso o il mancato raggiungimento di un esito riparativo non producono effetti sfavorevoli nei confronti della persona indicata come autore dell’offesa»” (M. GIALUZ, op. cit., p. 17).

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Va da sé che la norma in esame presuppone che il giudice abbia già deciso di avviare le parti presso i centri di riferimento e sia stato già individuato un programma da svolgere, sulla bontà del quale, evidentemente, il giudice non si pronuncia” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 323).

  1. Conclusioni

Sin qui una norma che sta suscitando ampi commenti e interpretazioni.

Tra tutti Civicrazia sottolinea il ruolo marginale e non essenziale assegnato dalla norma  alla Vittima di Reato ai fini della decisione dell’A.G. di procedere a una mediazione penale nell’ambito della lesione dei propri diritti.

Ciò non è accettabile e va modificato.

Inoltre  l’intero procedimento è privo di parametri di riferimenti e di calcoli tabellari per stabilire nella trattativa con l’imputato quali siano i margini di una qualche disponibilità ad una Giustizia veramente riparativa e non pretesto per inutili quanto dolorose discussioni.

Mario Pavone, Avvocato

LE FERITE DI QUESTA ITALIA

28 dicembre 1908 Terremoto di Messina

1 dicembre 1923 Crollo della diga del Gleno

21 – 30 marzo 1944 Eruzione del Vesuvio

22 novembre 1951 Alluvione del Po

9 ottobre 1963 Diga del Vajont

4 novembre 1966 Alluvione di Firenze

14 gennaio 1968 Terremoto nel Belice

6 maggio 1976 Terremoto del Friuli

10 luglio 1976 Icmesa di Seveso

23 novembre 1980 Terremoto in Irpinia e Basilicata

6 aprile 2009 Terremoto dell’Aquila

Oggi mercoledì 24 maggio 2023 giornata di lutto nazionale per alluvione in Emilia-Romagna.

L’OBLIO DELLA MEMORIA

Il tempo passa inesorabile. I territori e le genti, però, non hanno dimenticato.

L’oblio é sceso solo nei palazzi del potere. Nel popolo queste ferite non si sono cicatrizzate.

Tante promesse e tanti miliardi spesi in modo inadeguato. Tanti Governi si sono avvicendati.

l Cittadini hanno continuato a sopportare i disagi succeduti agli eventi.

E ancora aspettano dopo avere sopportato una politica inefficiente e incoerente.

Mai vi è stata una idonea politica di prevenzione e di sicurezza.

Nelle zone a rischio mai nessun intervento efficace di prevenzione e cura del territorio.

Tanto parlare ma mai un’efficace tutela preventiva o un piano che dia sicurezza.

L’ITALIA: CULTURA E VOLONTARIATO.

L’Italia è una nazione ricca di cultura ma con una classe dirigente che non ha mai saputo sviluppare una tutela del territorio.

Vi è un’immagine forte che rappresenta tale situazione: Dante con l’Italia ferita fra le braccia.

Ciò, inoltre, che, come sempre, è bello, è l’ondata di impegno concreto e immediato delle tante Associazioni Civicratiche e dei tanti volontari.

Cultura e Volontariato. E lo Stato?

Ruggiero Riefolo

Il caso Pesaro

Civicrazia ha chiesto un urgente accertamento del Ministero della Salute  sul caso Pesaro.

Ancora non abbiamo esiti chiari nonostante  il 23 Dicembre 2022 il Comitato contro la costruzione di un bio-laboratorio a Pesaro ha presentato un  Appello urgente al Parlamento Europeo, alla Commissione Europea e all’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) per evitare il proliferare dei pericolosi laboratori biologici.

Dopo una Petizione popolare al comune di Pesaro, il 2 Maggio 2023 in migliaia hanno protestato a Pesaro contro la realizzazione di un biolaboratorio di altissimo livello per il quale il Comune di Pesaro ha disposto l’alienazione di un terreno di oltre 12.000 metri quadrati, venduto ad un prezzo inferiore al valore di mercato, all’Istituto zooprofilattico sperimentale di Umbria e Marche.

Nell’area saranno realizzate stalle contumaciali per la stabulazione di grandi e piccoli animali in grado di garantire misure di bio-contenimento e di  bio-sicurezza nei confronti degli agenti infettivi.

La struttura scaricherà i suoi reflui nel fiume Foglia e in aria .

Cosa sono i biolaboratori ?

I biolaboratori sono strutture in grado di garantire sperimentazioni e manipolazioni, in vivo e in vitro, di agenti virali batterici e parassiti, pericolosi per la salute animale e dell’uomo per verificarne le reazioni, le guarigioni e i decessi, oltre a sperimentare cure e vaccini.

Naturalmente per tali caratteristiche dovrebbero essere fuori di centri abitati. Eppure a Pesaro i laboratori saranno allestiti in zona urbana e dobbiamo tutti essere allertati  per le  ripercussioni sulla salute e per metodologie non convincenti.

Sono naturali molte domande e non vi sono chiare risposte. Ad esempio: dove verranno smaltite le carcasse visto che le sperimentazioni verranno effettuate su animali piccoli e grandi, malati e sani? Come verrebbero gestiti i liquami? Quali pericoli verrebbero dagli insetti o dai piccoli mammiferi come i ratti?

Il Direttore generale dell ‘IZS, Vincenzo Caputo, ha dichiarato pubblicamente che «la struttura serve solo per tenere in quarantena gli animali malati». Ciononostante non viene fatta la necessaria chiarezza.  La delibera municipale numero 98 del 24 ottobre 2022 ha disposto in Pesaro “la creazione di un laboratorio di bio-sicurezza (BSL3), ossia una struttura in grado di garantire sperimentazioni e manipolazioni – in vivo e in vitro – di agenti virali pericolosi per la salute animale e dell’uomo”.

 

Pericoli

Il Comune, nel deliberare,  non ha neppure calcolato che Pesaro è un comune a rischio di esondazioni, come abbiamo visto in questi giorni di alluvione. Neppure è stato considerato che  è a rischio sismico. Basta una di tali situazioni e la popolazione è a fortissimo rischio, potendosi verificare fuoriuscita di materiale biologico dal laboratorio. Nello stesso tempo lo scarico dei liquami in aria e nel fiume di per sè è causa di inquinamento ambientale e non possono  essere taciute  le ripercussioni sulla salute.

Bisogna avere subito chiarezza su ciò che sta accadendo:  molti comuni stanno chiedendo fondi per la realizzazione dei biolaboratori e non vi è alcuna trasparenza. Si parla della realizzazione di circa 90 biolaboratori per attingere in tal modo al PNRR.

Fermare la costruzione dei biolaboratori nei centri urbani

E’ noto come le patologie ambientali, in crescita esponenziale, siano legati all’inquinamento e ad agenti patogeni,

E’ stata presentata da Civicrazia  ed è in discussione in Parlamento  la Petizione per il riconoscimento delle malattie ambientali.

I governanti hanno il dovere di proteggere la salute della  popolazione, attuale e futura, da ulteriori fonti di inquinanti ambientali.

Non smetteremo di invocare trasparenza e sicurezza.

La battaglia a Pesaro è battaglia di tutti.

Annunziata Patrizia Difonte, medico

Vogliamo Servitori dello Stato, non oligarchi.

I fatti

Negli ultimi giorni, i media ci hanno informato  sulla vicenda di un pensionato 72enne, residente a Barlassina, piccolo paese in provincia di Monza.  Questo pensionato era noto per essere molto attivo sui social in merito alle segnalazioni di disservizi e disagi esistenti nel proprio territorio.

E’ ora stato multato con il massimo della sanzione prevista, 882 euro, per aver tappato con bitume una grossa buca presente su di un attraversamento pedonale. Inoltre, gli sarebbe stato imposto di ripristinare subito lo stato precedente dell’asfalto e cioè la buca!

La precisazione del pensionato

Il Cittadino ha precisato che da tre mesi aveva segnalato la presenza del problema all’amministrazione comunale, poi al prefetto ed infine ai carabinieri, senza ricevere alcuna risposta. Il sindaco avrebbe risposto, dopo lungo silenzio,  che  la segnalazione non era idoneamente formulata e che il comune aveva inoltre diverse priorità che avrebbero impedito la riparazione di quella buca.

Il pensionato, che si era già auto-denunciato sui social per il suo gesto, ha replicato che  la multa è ingiusta e che anzi sporgerà denuncia per omissione di atti d’ufficio. Quindi, passerà tutto al vaglio di un magistrato e noi potremo seguire la vicenda sui media.

La realtà culturale

Adesso, a prescindere dai fatti suesposti e dalla suddetta polemica, quello che  colpisce di più a noi Civicratici è un particolare che non è stato segnalato da nessun organo mediatico, e cioè il fatto che le istituzioni interpellate da questo cittadino, nel corso di ben tre mesi, non abbiano neanche risposto alle istanze dello scrivente, ma in pochi giorni siano poi riusciti a multarlo con estrema pesantezza e rapidità!

Questo comportamento, che ognuno di noi ha potuto constatare nella vita di tutti i giorni, è per noi Civicratici molto grave dal punto di vista dei rapporti democratici esistenti in un cosiddetto Paese civile.

E’ la solita storia che non possiamo accettare!

Molti Comitati civici si rivolgono spesso alle varie istituzioni, locali, regionali e nazionali, segnalando situazioni di grave sofferenza della Cittadinanza ma ottenendo, quasi sempre, soltanto un arrogante silenzio!

Nelle Istituzioni occorrono Servitori dello Stato e non oligarchi

Le istituzioni sono come arroccate nei loro palazzi del potere e continuano a ignorare completamente il loro compito fondamentale, quello cioè di servitori dello Stato e dei Cittadini. I Cittadini sono quelli che, con le loro tasse, pagano gli stipendi e quant’altro ai burocrati e ai politici e hanno diritto a un idoneo servizio.

Ecco, invece, che questi individui al potere si comportano come oligarchi veri e propri, trasformando così la Costituzione italiana in carta straccia e la democrazia in democratura (finta democrazia e vera dittatura).

Noi Civicratici pretendiamo che le nostre Istituzioni svolgano il loro ruolo costituzionale e che rispettino correttamente la figura basilare del Cittadino.

In queste condizioni, bisogna che anche i Difensori Civici, una volta interpellati, si attivino con alacrità per sostenere gli interessi civicratici, visto il loro ruolo precipuo. Essi devono essere indipendenti dal potere politico e amministrativo, devono essere scelti decifrando le ragioni della scelta e credibili e liberi così da affiancare il Cittadino contro le ingiustizie.

Inoltre noi Civicratici insistiamo sempre più affinché nelle Scuole vengano istituite le cattedre di Educazione civica, che abbiano una loro vera dignità, sancita dalla figura di insegnanti specifici che possano esercitare tutte le loro prerogative in pieno.

Per uscire da questa frattura fra istituzioni e Cittadino bisogna intraprendere una strada nuova: la strada della Civicrazia.

Stefano Fabroni

La storia della disabilità: il passato per capire il presente.

La disabilità non è rimasta sempre uguale nei secoli.

Il concetto di persona con disabilità è cambiato più volte, passando dall’essere un difetto o una causa di discriminazione, addirittura questione eugenetica, per diventare poi una sfida a creare un mondo più inclusivo.

Per questa ragione è utile fare un riassunto della storia della disabilità.

Il passato serve infatti a capire il presente.

DISABILITA’ NELLE EPOCHE PASSATE

Fin dai tempi più antichi, la disabilità è stata considerata  un difetto.

Iniziamo dall’età greco-romana quando l’importanza di un corpo perfetto aveva un ruolo centrale nella definizione dell’identità di un individuo. Di conseguenza, una persona le cui caratteristiche fisiche non rispecchiavano i canoni prestabiliti era considerata inferiore. E pensiamo a quanto sia persistente di fatto questa visione.

Non c’era spazio per le persone con disabilità. Anzi erano un capro espiatorio su cui venivano addossate le colpe di eventi naturali distruttivi.

La disabilità è stata anche considerata come una giusta punizione divina. Il bambino con disabilità era figlio del peccato, il frutto di una sessualità sbagliata.

E indovinate su quale genitore ricadeva la colpa? La donna, ovviamente.

Questo male  poteva essere affrontato e superato solo grazie alla fede e alla misericordia divina. Il passo da qui alla diffusione di quel sentimento di compassione verso le persone con disabilità è breve: soggetti deboli e sfortunati nei cui confronti si sviluppano comportamenti pietistici. Molto diffusi e forti ancora oggi.

Dalla pietà si passa poi alla medicalizzazione: l’obiettivo è escludere le persone con disabilità dalla società. Vengono così rinchiusi in  manicomi o ospedali.

DISABILITA’ NELL’EPOCA ATTUALE

Quello che accade dopo la rivoluzione industriale è cruciale: la disabilità diventa una questione sociale.  L’utilizzo di nuovi mezzi causa invalidità fisica e chi non può tornare a lavorare è condannato a una posizione socialmente marginale. Si diffonde la narrazione secondo la quale solo chi partecipa pienamente alla produttività della società è considerato “normale” e meritevole di farne parte.

Questo ideale di perfezione trova la sua massima manifestazione in uno dei periodi più bui della storia moderna: il nazismo?.

Il genocidio nazista cominciò proprio dalle persone con disabilità. L’obiettivo era eliminare la disabilità ricorrendo a diverse modalità: sterilizzazione degli adulti, eutanasia dei bambini, lavoro nei campi di concentramento. Le vite di persone con disabilità erano considerate vite indegne di essere vissute.

DISABILITA’ AL GIORNO D’OGGI

 Successivamente, avviene un cambiamento significativo. Siamo negli anni ‘70 quando iniziano ad affermarsi i diritti inalienabili delle persone con disabilità in diversi ambiti, dall’educazione al lavoro.

Nella società odierna, per disabilità si intende una normalità particolare, caratterizzata da criticità, ma, soprattutto, da punti di forza. Per questa ragione si deve parlare di persona con disabilità: la disabilità è una condizione temporanea che la società ha il dovere etico e morale di rimuovere, creando un contesto accessibile.

Si cerca così di creare un mondo il più inclusivo possibile, istituendo la Giornata mondiale della disabilità (il 3 dicembre) e premi europei come l’Access City Award. Allo stesso modo, le legislazioni cercano di accelerare questo cambiamento culturale con misure promozionali.

DISABILITA’ NELLA SOCIETA’ TELEMATICA 

Guardando al passato, abbiamo visto quanto sia cambiata la concezione della disabilità ma siamo ancora distanti dal pieno rispetto della persona con disabilità.

Ancora oggi alle persone con disabilità sono precluse diverse opportunità.

Una di queste è la fruizione di Internet a causa di problemi di accessibilità web.

Per garantire pari opportunità è necessario che anche  Internet abbatta le barriere, non escludendo dalla comunicazione proprio le persone con disabilità che tanto possono contribuire per un mondo più giusto.

E’ impegno di tutti per una società più giusta.

 

Fabio Riccio

Qualcuno ricorderà il Dialogo dell’Uno e dello Zero di Trilussa:

NUMMERI

di Trilussa

– “Conterò poco, è vero”
– diceva l’Uno ar Zero –
ma tu che vali? Gnente: propio gnente.
Sia ne l’azzione come ner pensiero
rimani un coso voto e inconcrudente.
lo, invece, se me metto a capofila
de cinque zeri tale e quale a te,
lo sai quanto divento? Centomila”.

“È questione de nummeri. A un dipresso
è quello che succede ar dittatore
che cresce de potenza e de valore
più so’ li zeri che je vanno appresso”
(1944).

Poi abbiamo avuta la risposta:

LO ZERO ALL’UNO
di Merope

Mio caro uno, a te vojo risponne:
… drento ar nome mio se nasconne
quarcosa che nun è propio zero.

Si m’hai messo drento a n’addizzione,
pensando che al lavoro me mettessi,
hai sbagliato, nun do collabborazzione,
ed è proprio come si io nun ce stessi.

Allora, caro mio,
scenni dar piedistallo.
Sì!…te lo dico io
è mo che viene il bello.

Prova a fa ‘na moltiplicazzione.
Ah, nun ce provi, scostumato!
Guarda, guarda ‘mpò sta soluzione
Addo stai? Do te ne sei annato?”

….
(2003)

IL CAMBIO DI OPERAZIONE

Che forza detieni, Uno? Tanta quanta é la forza di tutti gli Zeri che ti stanno dietro.

Ma se gli Zeri smettono di seguirti e, invece di “fare addizione”,

si mettono a “fare moltiplicazione” chi si annulla è il solito Uno.

Lasciamo all’intelligenza del lettore

valutare che cosa è addizione e che cos’è moltiplicazione.

Ruggiero Riefolo

IL DIRITTO DI ACCESSO AGLI ATTI

Il diritto di accesso agli atti è un diritto rilevante del Cittadino e accedere agli atti permette la trasparenza delle pubbliche  amministrazioni.

Attenzione, però: per non avere dinieghi, occorre che si chieda e già esista un documento (e non che si chiedano informazioni) e il documento sia ben indicato.

Vediamo meglio, così come stabilisce la legge e come precisa anche la recentissima giurisprudenza, così da saper accedere agli atti.

CHE DICE LA LEGGE?

L’art. 22 della legge 7 agosto 1990 n. 241 recita testualmente:

 “1. […] a) per “diritto di accesso”, il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi; b)  per “interessati”, tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso; c)  per “controinteressati”, tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza; d)  per “documento amministrativo”, ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale; e)  per “pubblica amministrazione”, tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.

  1.   L’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza.
  2. Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all’articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6.
  3.  Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo, salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono.
  4.   L’acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, ove non rientrante nella previsione dell’articolo 43, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, si informa al principio di leale cooperazione istituzionale.
  5.   Il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l’obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere”.

OGGETTO DEL DIRITTO DI ACCESSO

Dal testo della suddetta normativa si legge che “Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo”.

L’oggetto, quindi, del diritto di accesso è rappresentato dal documento mentre le informazioni, pur in possesso della pubblica amministrazione, non sono liberamente accessibili finché non abbiano formato oggetto di documenti amministrativi.

Sul punto la giurisprudenza più recente ha precisato che il diritto di accesso concerne documenti amministrativi esistenti e nella disponibilità della pubblica amministrazione mentre le informazioni, pur possedute dalla pubblica amministrazione, non sono liberamente accessibili fintanto che esse non abbiano formato oggetto di specifici documenti amministrativi (Tar Calabria, sez. II, sentenza 7 marzo 2023, n. 343).

In particolare, il Tribunale Amministrativo Regionale fonda le sue argomentazioni sulla lettura dell’art. 22 della L.241/1990, relativo alla definizione normativa di documento amministrativo, e precisa che, pur trattandosi di nozione assai ampia, essa tuttavia “comprende documenti già esistenti nella loro materialità”. Dunque, al fine della valutazione circa l’accesso agli atti, il discrimine individuato  è rappresentato dalla categoria concettuale del documento materialmente esistente. 

La decisione in esame si pone nel solco tracciato anche della giurisprudenza più recente (Cfr. ex multis: Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 6 settembre 2022 n. 7764; Tar Campania, sezione VI, sentenza 26 marzo 2015 n. 1809) secondo cui l’istanza di accesso ai documenti può avere ad oggetto solamente la documentazione già formata e in possesso dell’amministrazione. Diversamente opinando, la pubblica amministrazione verrebbe onerata, senza limiti ragionevoli, di un’attività di elaborazione di dati e informazioni necessaria per assecondare le specifiche richieste di accesso.

In altri termini, la domanda di accesso non può compulsare l’amministrazione nella formazione di documenti nuovi.

Inoltre, per consolidata giurisprudenza, l’istanza di accesso deve esser formulata in modo sufficientemente circoscritto, nel senso che la documentazione alla quale si vuole accedere deve essere indicata in modo tale da consentire agevolmente alla pubblica amministrazione di poter evadere la richiesta (Cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sezione VI,  22 giugno 2020, n. 3992).

Occorre, quindi, che il Cittadino conosca bene questi aspetti al fine di esercitare idoneamente il diritto di accesso.

Avv. Valentina Paglia, Avvocato

Acquisti difficoltosi per i disabili nei supermercati

Nei supermercati, che spesso dichiarano di permettere gli acquisti per tutte le famiglie, gli accessi sono quasi sempre difficoltosi per i diversamente abili.

Un problema da considerare e risolvere

Il problema può sembrare irrilevante. Ma non lo è se si considera che non sempre nei grandi supermercati vi sono accessi possibili per i diversamente abili.
Riporto una testimonianza di quanto accaduto recentemente:
“Dicono che vi sono corsie preferenziali per i diversamente abili, come me, ma mentono. Ogni qualvolta”  – dichiara arrabbiato Angelo – “sono con mio figlio devo chiedere il favore a tutti coloro che sono alle casse, per i relativi pagamenti, di farmi passare. Ma è tutto inutile perché dovrebbero tornare indietro, dalla parte della corsia occupata, e si lamentano. C’è chi lancia sguardi infastiditi, chi si gira altrove. E c’è chi lascia addirittura la spesa, spazientito, per andare via. Ciò mi offende perché non solo ho limitazioni ma sono anche umiliato”.

Lo sconforto e la rabbia prendono il sopravvento 

Parole dure ma sincere. Parole che lasciano trasparire la mancanza di senso civico e di umanità. Ma anche l’incapacità di investire per rendere  gli spazi fruibili a tutti.
“Qui a nessuno importa di noi. Il problema è a monte. Ma i capi dei supermercati sono troppo ignoranti per rendersene conto” – ci dice Maria, un’altra persona diversamente abile  – “Sono stanca, delusa, arrabbiata. Ogni giorno viviamo in tanti la stessa storia. Ed è come un film visto e rivisto, di cui si conosce a memoria la trama” – dichiara ancora avvilita – “Ho cercato supporto in un giovane commesso. Ma questi ha negato quanto mi aveva detto, dichiarando che lui non ha mai ravvisato quanto io sostenevo. Paura del capo? Non potevo crederci. Ed ho pensato che se questo era l’approccio non si poteva mai auspicare un cambiamento della situazione. Si parla tanto di inclusione, ma si fa ancora poco per i diversamente abili. Ci si riempie la bocca di paroloni. Ma nessuno agisce per cambiare le cose. Finiamola per favore! Qualcuno intervenga!”.
Come rimediare?   
 
Sì, tante parole, niente fatti, è proprio l’ora di finirla e cercare di rimediare prevedendo ingressi, corsie e uscite alle casse di dimensioni adeguate  anche per i diversamente abili.
Denunciamo tutti insieme questa ennesima stortura, umiliazione che a volte diventa tortura se sommata alle altre difficoltà che quotidianamente incontrano.
Valeria Garbin

Successivamente alla costituzione dell’Unità d’Italia lo status “pseudo-coloniale” dei territori meridionali e insulari si é andato sempre di più accentuando con il passare degli anni. Questa situazione disegna un’Italia a più velocità, come i primi treni con carrozze di prima, seconda e terza classe. Ciò può simboleggiarsi con lo scaglionamento che veniva applicato anche nei piroscafi che solcavano l’oceano, con rotta verso le Americhe, con le stive stracolme di emigranti di terza classe provenienti soprattutto dal Meridione e dalle Isole. Con la nascita della Repubblica si sperava in un riequilibrio Nord-Sud, che non è ancora avvenuto.

Come rimediare?

In una Nazione che nel 2022 raggiunge un consistente debito pubblico pari a 2.762 miliardi, anche grazie ai disastrati bilanci delle Regioni come si pensa oggi di rimediare alla disuguaglianza esistente? Occorre immettere nella vita pubblica le migliori energie attraverso un modello partecipativo e meritocratico e liberare sia  il Meridione che l’Italia tutta, da questa specie di vassallaggio dai poteri centrali. Sarebbe auspicabile un modello federale e partecipativo, referendum propositivi, formazione di nuove classi dirigenti locali basata sui principi di meritocrazia. I politici italiani tutti dovrebbero essere al servizio dei cittadini senza sottostare a condizionamenti di poteri locali e pronti a “servire il popolo e non i pochi” e come affermava Don Luigi Sturzo: “La politica? servire, non servirsi”.

Dare spazio ai cittadini

I politici dovrebbero dare più spazio alle sane energie locali, senza piegarsi a lobby finanziarie internazionali o favorire la costituzione di “paradisi fiscali per le imprese” in altre nazioni che porta ad un  incremento del debito pubblico. E’ tempo che le coscienze dei cittadini si destino per combattere le disuguaglianze e permettere un equo sviluppo territoriale.

Ruggiero Riefolo

La proiezione del film “C’era una volta l’Italia – Giacarta sta arrivando”

La proiezione del suddetto film ci ha mostrato chiaramente come la sanità pubblica sia stata massacrata a favore di una strisciante e peggiore privatizzazione incontrollata del Servizio Sanitario Nazionale. 

Questa proiezione è stata offerta gratuitamente ai nostri cittadini dagli attivisti civicratici  e ha avuto un  successo di pubblico, anche considerando che, purtroppo, l’interesse di tanti per i problemi della sanità pubblica si riduce spesso soltanto alle inutili lamentele!

Dopo le interessanti spiegazioni da parte dei due registi, si è acceso un dibattito al quale hanno partecipato Cittadini.

In tale dibattito  è risultata l’importanza della partecipazione diretta e costante alle problematiche sociali e quanto sia fondamentale che tutti i Cittadini facciano la loro parte per migliorare la qualità del proprio territorio.

Abbiamo anche raccolto firme ed indirizzi mail con i quali abbiamo intenzione di informare i nostri concittadini sulle iniziative che porteremo avanti nei prossimi mesi. Ovviamente ci siamo premurati di inviare un comunicato stampa ai media locali e di pubblicarlo anche sulle nostre pagine social, con buoni risultati di visualizzazione!

Tutte le Associazioni ed i Comitati aderenti all’idea di Civicrazia danno il massimo apporto ed impegno civico affinché si riesca ad avere un urgente e reale potenziamento del Servizio Sanitario Pubblico.

Occorre incalzare   i nostri governanti, con assoluta continuità.

Abbiamo anche proceduto all’invio ai Difensori Civici di una ampia documentazione dettagliata, relativa all’installazione da parte di Iliad di un’antenna 5G sul territorio di Zagarolo.

Come tutti noi abbiamo sottolineato, in questi tempi di notevole sofferenza sociale, diventa sempre più fondamentale che la figura del Difensore Civico sia una realtà veramente meritocratica e operativa, come previsto dalle disposizioni di legge e come desideriamo noi Civicratici.

Informeremo dettagliatamente.

Procediamo senza soste, sicuri che la goccia, alla fine, scaverà la roccia!

Stefano Fabroni, Responsabile di Antenna Civicratica Centro 

Inquinamento atmosferico e salute dei bambini

I livelli di inquinanti legati al traffico sono aumentati progressivamente con l’aumento del traffico veicolare e dello sviluppo economico.

L’inquinamento atmosferico aumenta i sintomi di asma, l’uso dei farmaci e le ospedalizzazioni.

L’esposizione prenatale al PM 2.5 (polveri sottili) aumenta la suscettibilità alle infezioni respiratorie e può programmare la morbilità respiratoria nella prima infanzia (Jedrychowski et al., 2013).

I bambini sono più vulnerabili perché i loro polmoni non sono ancora ben sviluppati.

Come agiscono gli inquinanti aerodispersi

Gli inquinanti particolati e gassosi possono agire sia sulle vie aeree superiori che inferiori per avviare ed esacerbare l’infiammazione cellulare attraverso le interazioni con il sistema immunitario innato (Bonay e Aubier, 2007).

La sensibilizzazione allergica precoce e persistente è un fattore di rischio per lo sviluppo dell’asma.

Gli allergeni indoor da acari della polveri, scarafaggi e gatti sono stati associati all’esacerbazione dell’asma nei bambini (Sly, 2011).

La sensibilizzazione agli allergeni è associata a malattie allergiche e anche ad inquinanti atmosferici.

Uno studio eseguito in 11 scuole materne di  Taipei ha evidenziato che la sensibilizzazione agli acari della polvere e il PM 2.5 (polveri sottili) hanno svolto un ruolo sul rischio di asma e allergia respiratoria.

I bambini con sensibilizzazione agli acari erano più suscettibili degli effetti negativi degli inquinanti atmosferici.

Inoltre l’esposizione al PM 2.5 e agli allergeni ha avuto un effetto sinergico sull’asma.

Ruolo dello stress ossidativo e dell’ interazione con i canali del calcio

Uno studio di  Donalson et al., evidenzia il ruolo dello stress ossidativo  negli effetti avversi del PM10 in particolare nell’insorgenza  delle malattie polmonari e del cancro ai polmoni.

L’infiammazione polmonare può anche essere alla base degli effetti cardiovascolari osservati in seguito all’aumento del PM10, sebbene i meccanismi degli effetti cardiovascolari non siano ben noti.

Il PM10 è una miscela di composti di vari tipi di particelle e diversi componenti del PM10 possono essere coinvolti nell’induzione dello stress ossidativo. I più probabili sono metalli di transizione, superfici di particelle ultrafini e composti organici.

Un meccanismo attraverso cui lo stress ossidativo da PM10 può indurre l’espressione di mediatori proinfiammatori è attraverso la stimolazione delle vie di segnalazione intracellulare che impiegano il calcio. Il calcio agisce attraverso l’interazione con la calmodulina ed enzimi come le proteinchinasi ed è in grado di attivare una serie di fattori di trascrizione tra cui il fattore nucleare delle cellule T attivate.

Ruolo dell’esposizione ad inquinanti sulla insorgenza delle malattie ambientali

Come da letteratura scientifica, questi sono i meccanismi alla base dell’insorgenza delle malattie ambientali soprattutto della MCS (Sensibilità Chimica Multipla) e come i sintomi respiratori siano presenti in questi malati.

Petizione e riduzione di inquinanti outdoor e indoor

La Petizione, presentata da Civicrazia  e in discussione in Parlamento, per il riconoscimento delle malattie ambientali, oltre a  richiedere il riconoscimento dei diritti e la tutela dei malati  mira a far prendere coscienza ai politici  che è urgente l’applicazione concreta  delle normative per la tutela dell’ambiente ( Articolo 11 e 191-193 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea; Direttiva UE 2008 /50 CE;  Direttiva riveduta del 2016//2284 sui limiti nazionali di emissione; l’Agenda 2020 ).

 Vanno ridotti gli inquinanti outdoor e indoor. Questo può svantaggiare alcune industrie ma sicuramente migliora la qualità di vita della popolazione e reca  minore aggravio sulla spesa sanitaria e quindi sulla economia di ogni nazione.

Annunziata Patrizia Difonte, medico

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