Brutta storia quella del caso Cucchi: Stefano Cucchi, il geometra romano arrestato per spaccio e morto qualche giorno dopo all’ospedale Sandro Pertini di Roma. Uno dei tanti casi in cui è difficile venire a capo della verità; uno di quei casi in cui è meglio che la verità non venga fuori, tanto il morto è morto e non può più parlare. Restano i vivi, gli ipotetici responsabili, quelli che hanno qualcosa da perdere, il lavoro, la famiglia, la libertà, la dignità e l’immagine di un’arma e di una divisa che dovrebbe sempre essere onorata. Forse qualcosa sfugge al controllo e ci scappa il morto, qualche reazione inconsulta e va a farsi benedire l’onore e la garanzia della verità e della giustizia. Ma c’è di più. La testimonianza di un carabiniere, Riccardo Casamassima, fa riaprire l’inchiesta sul fatto. Da quel momento per lui non c’è più pace: allontanamento e demansionamento perchè ” ritenuto poco esemplare e inadeguato al senso della disciplina”. Vent’anni in strada e poi trasferimento alla scuola allievi ufficiali. “Mi stanno distruggendo”, ha dichiarato alla stampa Casamassima, facendo appello alle massime cariche dello Stato, ai ministri Di Maio e Salvini, al Presidente del Consiglio Conte. Un caso emblematico, che la dice lunga sull’esercizio dei poteri forti quando nemmeno la legge costituisce un argine alla prepotenza e alla sopraffazione. Il Paese ha bisogno di chiarezze e di scene aperte.
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