Mag 10, 2025 | Notizie | 0 commenti

Tempo di lettura: 8 minuti

A FIANCO DEI MIGRANTI. L’EREDITA’ DEI PAPI DEL NOSTRO TEMPO

A FIANCO DEI MIGRANTI

L’EREDITA’ DEI PAPI DEL NOSTRO TEMPO

 

“Non c’è giustizia senza memoria, non c’è pace senza umanità”

 

La morte di papa Francesco, avvenuta il 21 aprile 2025, ha segnato profondamente non solo la Chiesa cattolica, ma anche l’intera comunità internazionale. Figura di straordinario carisma e instancabile promotore di solidarietà, papa Francesco ha posto al centro del suo pontificato gli ultimi: i poveri, le periferie e, in particolare, i migranti. La sua scomparsa ha lasciato un’eredità potente: un appello incessante alla fraternità universale e al dovere morale dell’accoglienza.

L’8 maggio 2025 è stato eletto suo successore il cardinale statunitense Robert Francis Prevost, che ha scelto il nome di papa Leone XIV. Nel suo primo discorso al mondo, affacciandosi dalla loggia di San Pietro, ha reso omaggio a papa Francesco e ne ha raccolto l’eredità spirituale, dichiarando: “Non c’è giustizia senza memoria, non c’è pace senza umanità”. Le sue parole hanno tracciato una linea di continuità, indicando l’intenzione di proseguire sul cammino dell’inclusione e della solidarietà. Questa storica transizione rappresenta un’occasione per interrogarsi non solo sulla coerenza del messaggio sociale della Chiesa verso i migranti, ma anche sulla complessità psicologica di chi vive lo sradicamento, l’attesa e l’esilio.

 

 

Papa Francesco ed il diritto di essere migranti

 

Fin dall’inizio del suo pontificato, papa Francesco ha fatto della questione migratoria uno dei temi centrali della sua dottrina. Già nel suo viaggio a Lampedusa nel 2013 – simbolicamente il primo come Pontefice – ha denunciato con parole forti la “globalizzazione dell’indifferenza”, ossia che le persone spesso ignorano le tragedie che portano gli individui a lasciare il proprio Paese.

Nel 2020, nell’enciclica Fratelli Tutti afferma: “è nostro dovere rispettare il diritto di ogni essere umano di trovare un luogo dove poter non solo soddisfare i suoi bisogni primari e quelli della sua famiglia, ma anche realizzarsi pienamente come persona. I nostri sforzi nei confronti delle persone migranti che arrivano si possono riassumere in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare” (paragrafo 129). Viene quindi evidenziato il diritto a una vita dignitosa e al pieno sviluppo della persona che è inalienabile. Questo è parte del diritto alla dignità e all’integrità personale, che va rispettato e garantito sempre e da tutte le Nazioni.

Un richiamo simile era già emerso nella Evangelii Gaudium (2013), in cui Francesco denuncia le cause strutturali delle migrazioni – povertà, guerre, ingiustizie – come segni di un mondo disumanizzato che ha perso il senso del bene comune. Il suo messaggio non si limita alla denuncia: è un appello concreto alla responsabilità collettiva, affinché anche chi è straniero, povero o vulnerabile trovi spazio in una comunità davvero inclusiva.

 

Il lutto migratorio, le ferite invisibili del viaggio

 

Se il magistero di papa Francesco ha acceso i riflettori sulla dignità dei migranti e sul dovere morale dell’accoglienza, è altrettanto urgente dare voce a ciò che spesso resta invisibile: il dolore psicologico di chi lascia tutto alle spalle per inseguire una possibilità di vita. La migrazione non rappresenta solo una frattura con il proprio Paese d’origine, ma anche una lacerazione interiore profonda, che incide sull’identità personale, sulle relazioni affettive e sul senso stesso di appartenenza.

Questo vissuto prende il nome di “lutto migratorio”: un dolore legato alla separazione dal proprio paese, dalla cultura e dai legami affettivi. La perdita dei punti di riferimento, dei luoghi e delle relazioni che hanno dato forma all’esistenza comporta un processo complesso, in cui è necessario riattribuire significato alla propria storia, attivando profondi meccanismi di riorganizzazione interna per adattarsi alla nuova realtà.

Il lutto migratorio può manifestarsi anche a distanza di tempo, attraverso una sintomatologia ben riconoscibile: tristezza, disturbi d’ansia, insonnia, perdita dell’appetito, difficoltà di concentrazione.

Eppure, nonostante queste difficoltà, l’esperienza migratoria può anche diventare un terreno fertile per la resilienza. Quando esistono contesti accoglienti, reti di sostegno e spazi di ascolto, molte persone riescono a trasformare il dolore in risorsa, riscrivendo la propria identità senza dimenticare le proprie radici.

Accogliere significa, allora, non solo offrire un posto dove stare, ma riconoscere la profondità dell’esperienza umana che ogni migrante porta con sé – un carico di dolore, ma anche di speranza. È su questo crinale che si gioca la sfida etica e spirituale che i Papi del nostro tempo ci hanno consegnato.

Margherita Leccese.

 

Seguici in X con link a @CivicraziaItaly

Articoli Correlati

UNITA’ CRESCENTE DELLE BATTAGLIE

UNITA’ CRESCENTE DELLE BATTAGLIE

Le battaglie portate avanti da Civicrazia sono legate da un unico filo conduttore: la difesa dei diritti dei cittadini e la promozione di una società più giusta ed inclusiva. Ogni iniziativa e ogni battaglia si inserisce all'interno di una cornice che racchiude il...

leggi tutto

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Translate »