Ago 15, 2025 | Battaglie | 0 commenti

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TERZO SETTORE, DIRITTO ALLA CASA E CARCERE

LA PETIZIONE DI CIVICRAZIA

 

Civicrazia ha lanciato nel maggio scorso una petizione per “Salvare il terzo settore. Subito un provvedimento legislativo“,  trasmessa dai Presidenti delle Camere all’esame degli organi parlamentari competenti. Il terzo settore, formato da enti privati di diversa natura giuridica (enti, comitati, associazioni, fondazioni, cooperative sociali) svolge una insostituibile attività di supporto alle situazioni di disagio sociale svolgendo un ruolo di supplenza dell’intervento pubblico .
Gli enti no profit sono il ponte tra chi soffre e chi deve garantire i diritti. Essi costituiscono un argine alla emarginazione crescente.
La richiesta di un intervento legislativo urgente, che dia una cornice normativa al lavoro di migliaia di volontari, preveda finanziamenti effettivi, ha posto l’accento sul tema della casa e degli spazi pubblici, chiedendo, tra le altre cose, un superbonus al 110% permanente per le case popolari, edifici pubblici e spazi sociali.
La riforma del terzo settore richiede l’adesione a un progetto politico Civicratico che abbandoni l’idea di un volontariato che spende parte del tempo libero in modo altruistico senza la necessità di un’organizzazione a monte, che richiede risorse e personale qualificato e che deve fare parte di un sistema virtuoso, che possa accedere ad agevolazioni fiscali e a contributi per fronteggiare in modo organico le continue emergenze sociali.
Anche a questo fine si terrà il 31 ottobre a Padova la Seconda Maratona Internazionale Sfratti Zero, promossa dal Centro Diritti Umani dell’Università di Padova.

 

 

IL DIRITTO ALLA CASA E LA COSTITUZIONE

 

Il diritto alla casa, pur non espressamente menzionato , si ricollega all’art. 3 della Cost., che prevede che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”.
Ci sono anche specifiche sentenze della Corte Costituzionale che riconoscono il diritto alla casa come diritto fondamentale della persona e requisito di uno Stato sociale, impegnando l’organizzazione statale ad assicurare a tutti un alloggio, presupposto di possibilità di inserimento nel modo lavorativo, di avere una famiglia, prestazioni sanitarie e ogni diritto che garantisca concretamente il pieno sviluppo della persona umana.

L’art. 25 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo prevede, inoltre, in modo esplicito, riguardo il diritto all’abitazione, che:

1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

Per Civicrazia è, da sempre, importante che anche il diritto alla casa sia presto specificamente inserito in Costituzione, a fianco al diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione e riteniamo giunto oramai tale momento.

 

 

IL DIRITTO ALLA CASA E IL REINSERIMENTO SOCIALE DELLE PERSONE CONDANNATE

 

Il terzo settore si occupa, tra le situazioni di maggiore disagio sociale, anche delle persone detenute e di quelle che uscite dal carcere, necessitano di trovare una sistemazione dignitosa.
Spesso la possibilità di accedere a misure alternative alla detenzione, come l’affidamento in prova al servizio sociale o la detenzione domiciliare richiedono come presupposto l’esistenza di un luogo, sia privato che pubblico, dove la persona possa vivere in modo adeguato. Così pure per poter usufruire di permessi premio per chi non ha più legami familiari.

Molte sono le iniziative meritorie del privato sociale, che spesso mette a disposizione degli immobili, o che gestisce quelli affidati dagli enti locali, o luoghi comunitari organizzati dalla Chiesa, ma si tratta sempre di soluzioni insufficienti.
Manca una edilizia popolare dedicata a questi situazioni, con canoni sociali. Mancano luoghi comunitari per l’assistenza ai detenuti che escono dal carcere senza sapere dove andare. Sono insufficienti le comunità terapeutiche per i detenuti tossicodipendenti, spesso anche con disagio mentale, che potrebbero fare ingresso in comunità, ma mancano i fondi alle ASL per provvedere agli inserimenti e le comunità del terzo settore non sono sufficientemente sostenute.
Sarebbe necessaria una precisa radiografia delle strutture esistenti, come aveva promesso il Ministero di Giustizia. Occorre ora un progetto comune di reinserimento e di finanziamenti per rendere operativi i percorsi di recupero, che richiedono anche personale sanitario, psicologi, assistenti sociali.
Ancora, mancano strutture comunitarie per i minori detenuti che aderiscono a progetti di messa alla prova o per quelli affetti da disturbi anche psichici .
L’elenco potrebbe continuare, ma il recupero e la creazione, intanto, di luoghi pubblici di abitazione, assistenza, cura porterebbe ad un alleggerimento del sovraffollamento carcerario e costituirebbe un incentivo per le persone che devono reinserirsi e una riduzione del rischio di recidiva, con maggior sicurezza per la collettività.
Questo dovrebbe essere l’obiettivo, ma ad oggi, per quel che è dato sapere, al di là delle belle parole, sono stati stanziati 342 milioni di euro per creare moduli prefabbricati, di calcestruzzo, standardizzati, da aggiungere nei perimetri di alcuni penitenziari che hanno posto esterno, per garantire 384 posti in più, a fronte di un esubero di 16.000 persone detenute nelle carceri italiane, di cui gran parte potrebbe accedere a misure alternative se il “fuori “ fosse pronto per l’accoglienza.

Desi Bruno, Avvocato.

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