MENTI IN FUGA: UNA GRAVE DISFUNZIONE SISTEMICA
EFFETTI PSICOLOGICI DELL’EMEGRAZIONE SUI GIOVANI ITALIANI
Il fenomeno migratorio giovanile italiano ha assunto proporzioni strutturali, con un costante aumento di individui under 35 che scelgono di lasciare il Paese per costruire il proprio futuro all’estero. Non si tratta solo di un movimento economico o professionale, ma di un complesso processo psicologico e identitario, in cui il distacco dalle radici si intreccia con la ricerca di affermazione, autonomia e appartenenza.
Dislocazione non solo fisica, ma identitaria
Quando un giovane intraprende un percorso migratorio, il processo non si limita al trasferimento fisico, ma implica la rielaborazione di un intero sistema simbolico, affettivo e culturale interiorizzato. La separazione dal contesto d’origine comporta frequentemente una condizione di dislocazione identitaria, intesa come frattura tra appartenenza originaria e nuova realtà ambientale. Tale condizione può manifestarsi attraverso vissuti di insicurezza esistenziale, disorientamento emotivo e senso di colpa relazionale nei confronti delle figure rimaste nel paese natale.
L’idealizzazione dello Stato estero
La decisione di emigrare è spesso sostenuta da una rappresentazione idealizzata dell’estero, in cui il contesto straniero viene percepito come necessariamente migliore sul piano delle opportunità, del riconoscimento sociale e della qualità della vita. Questo processo, riconducibile a un meccanismo difensivo di proiezione utopica, può portare a frustrazione cognitivo-affettiva qualora l’ambiente ospitante non risponda alle aspettative interiorizzate. Le difficoltà di integrazione linguistica, culturale e sociale possono, in tali circostanze, amplificare vissuti di fallimento personale, solitudine affettiva e alienazione soggettiva.
Una questione di benessere
Nonostante la sperimentazione del disagio iniziale, studi recenti indicano che molti giovani italiani all’estero riportano livelli più elevati di benessere psicologico rispetto a quando vivevano in Italia. In particolare, sperimentano maggiore autoefficacia, autonomia e riconoscimento professionale. Al contrario, i coetanei rimasti manifestano più frequentemente vissuti di frustrazione e disillusione. Tali differenze sono attribuibili a dinamiche lavorative rigide, precarietà e bassa meritocrazia percepita (ed effettiva) nel contesto italiano.
L’ emigrazione giovanile è realmente una scelta?
L’emigrazione giovanile non può essere letta solo come una scelta individuale, ma come il sintomo di una disfunzione sistemica. Affinché restare in Italia diventi una scelta psicologicamente sostenibile e desiderabile, è necessario intervenire su più livelli: promuovere ambienti lavorativi motivanti, sistemi educativi orientati alla valorizzazione delle competenze e reti territoriali che favoriscano l’autorealizzazione. Psicologi, educatori, istituzioni e comunità sono chiamati a costruire contesti abilitanti, in cui i giovani possano progettare il proprio futuro senza doverlo cercare altrove.
Margherita Leccese. 





0 commenti